Pochi giorni fa queste colonne pronosticarono che al rientro dalle ferie la maggioranza su cui si regge il governo verrà messo a dura prova dalla sequenza di adempimenti legati alla legge di Stabilità. Stamani un irrituale comunicato del Ministero dell’Economia e delle Finanze, prendendo le distanze dal proprio sottosegretario Enrico Zanetti, conferma che il rientro dalle ferie sarà effettivamente l’inizio di un percorso a ostacoli. Ecco perché.
IL RENZUSCONI…
Del patto del Nazareno e della concordia che domina i rapporti tra il Presidente del Consiglio e il suo alleato Berlusconi si è giustamente segnalata la centralità. Anche chi osserva con sospetto la naturalezza con cui l’uno (B) viene in soccorso dell’altro (R), non può negare che il Renzusconi sia l’asse che tiene in piedi l’esecutivo molto di più di quanto non facciano corpuscoli politici minori come l’NCD di Alfano, che pure sono formalmente parte della maggioranza ed esprimono ministri pesanti. Di qui fino a evocare un governo di larghe intese con Berlusconi o una grosse Koalition come quella tedesca, ne passa. Berlusconi non è infatti formalmente parte della maggioranza, e non è davvero chiaro quale sia la sua convenienza a sostenere l’esecutivo al di là delle riforme costituzionali che d’altra parte avevano già fatto parte dell’agenda di passati governi di centrodestra. Anziché un programma vero e proprio finora il Renzusconi ricorda da vicino schemi come i patti di sindacato e di consultazione che hanno a lungo caratterizzato il capitalismo asfittico del Belpaese. Cosa potrà tenere vivo questo patto nei prossimi mesi? Renzi ha un innato istinto politico, e verosimilmente cercherà di distillare qualche zuccherino su temi cari al centrodestra come la giustizia lungo il cammino parlamentare.
LA MANOVRA
Non è chiaro però se Berlusconi schiererà la sua falange oplitica al Senato con eguale decisione a quella mostrata nella Riforma di Senato e Titolo V, dove peraltro è venuto a mancare più di un voto rispetto alle previsioni iniziali. Di certo, molto dipenderà dal menù che l’oste Renzi proporrà a Berlusconi. E qui i dubbi maggiori riguardano, prima ancora che la riforma del lavoro, la manovra per il 2015. Renzi non ha ancora scoperto le sue carte e continua a puntare tutto sui tagli della spesa pubblica: ben 16 miliardi di risparmi per il 2015, questo il messaggio diffuso da Palazzo Chigi nei giorni scorsi. E guai a parlare pubblicamente di deficit sopra il 3% come ha fatto il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, pena il vedersi smentire alla vigilia di Ferragosto dal MEF. Eppure l’idea di riuscire a fare una manovra di soli tagli appare di ardua realizzazione – e sempre che Renzi intenda aggredire la cosiddetta spesa “non comprimibile”, cioè i diritti acquisiti come salari e pensioni. Ma finora anche il Rottamatore, che della denuncia dei privilegi delle vecchie generazioni a scapito dei più giovani ha fatto una bandiera, non tocca il tasto.
Francesco Galietti (fondatore Policy Sonar)