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L’Italia invia armi ai curdi in Irak, novità e potenzialità. Parla Paniccia

Un’innovazione l’invio di armi da parte dell’Italia ai curdi in Irak. Così definisce la decisione delle commissioni Difesa ed Esteri di Camera e Senato Arduino Paniccia, direttore della Scuola di Competizione Economica, docente di relazioni internazionali alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Trieste e già presidente della Sme Task Force Nord Est per la ricostruzione in Libia.

L’Italia intende fornire armi ai curdi: come cambia lo scenario dopo questa decisione che fa il paio con quella tedesca?

Cambia da almeno due punti di vista. Il primo verte sul fatto che non è accaduto molte volte in passato che sia stato dato il via libera all’invio di armamenti da parte dell’Italia in una determinata area. In genere abbiamo dato il nulla osta a missioni, umanitarie o di intervento, ma l’invio di armamenti è tutto sommato un’innovazione. Certamente è un minore impegno rispetto alle truppe, ma rappresenta un segnale interessante quanto alla decisione di fermare le forze dei guerriglieri e le stragi terroristiche, anche per difendere i cristiani perseguitati.

Vede effetti collaterali?
Si tratta di decisioni che, in passato, si sono rivelate un boomerang perché oltre ad inviare armamenti, occorre anche controllare in quali mani finiscono.

Italia, Germania e Usa. Analizziamo i ruoli?
Il nostro Paese ha avuto certamente un ruolo importante in questo passaggio, altri come la Germania erano secondo me molto riluttanti. D’altra parte dobbiamo comprendere, una volta per tutte, che il “disimpegno” americano nell’area mediorientale sarà a mio parere crescente nei prossimi mesi. Il raggiungimento dell’autonomia energetica da parte degli Stati Uniti li renderà sicuramente più distaccati. Di pari passo aumenta l’interesse verso l’area pacifica, per cui credo dovremo prepararci a sostituire – intanto parzialmente – quella che è stata una presenza americana dai tempi del Canale di Suez, con tutte le luci e le ombre connesse.

Crede che la formazione di uno Stato curdo indipendente possa essere una strada da seguire?
Molti ritengono di no, perché lo definiscono impossibile. Io credo che tale eventualità sia una via che, con la grandissima autonomia del Kurdistan iracheno, è stata già imboccata. Naturalmente è irta di problematiche e criticità, dal momento che la questione relativa alla patria dei curdi coinvolge Siria, Iran, Iraq e Turchia: un altro grande problema che si aggiunge ad una serie infinita di problemi già esistenti in loco.

Un processo irreversibile allora?
Credo sia difficile fermare tale cammino. Certamente non possiamo gestirlo così come abbiamo fatto sino ad oggi, ovvero con mezzi interventi e decisioni a metà lasciando l’intero carico decisionale a Washington, per poi prenderne le distanze. Piuttosto serve maturare la consapevolezza che nel momento del passo indietro americano in Medio Oriente resterà l’Europa e probabilmente le realtà regionali come Iran e Turchia oltre alla Federazione Russa, con la Cina sempre nell’ombra. Uno scacchiere mondiale nel quale dovremo giocare al meglio la nostra partita.

In che modo?
Mettendo in campo una strategia e nel medio e nel lungo termine per risolvere la questione. Non dimentichiamo che l’Italia è il Paese che conosce a fondo tutte le criticità dell’area, per questo dovrà essere in prima linea.

Potrebbe essere anche l’occasione per la difesa europea di agire finalmente con una voce univoca?
Il problema, rinviato più volte, tornerà di estrema attualità perché tra l’altro la difesa comune è uno dei tre obiettivi presenti all’interno del trattato di Maastricht che venti anni dopo non è stato raggiunto. Cerchiamo almeno di non mancarlo adesso. I contrari alla formazione di un seppur minimo esercito comune europeo devo dire che sono stati gli inglesi, a cui possiamo attribuire l’opacità dell’ultima gestione degli esteri europei. Credo a questo punto che dovremo coinvolgere maggiormente Francia e Germania, partendo almeno inizialmente da una task force per difesa e sicurezza nel Mediterraneo, che non può gravare solo sulla nostra Marina.

twitter@FDepalo



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