Il terrore islamista dell’Islamic State non ha trovato finora risposte adeguate da parte dell’Occidente, confuso e diviso di fronte a un nemico così ricco e organizzato, in grado di impiegare allo stesso tempo strategie di tipo convenzionale e asimmetrico.
IL POTERE MEDIATICO
A differenza di Al Qaeda, di cui pure l’IS – Dawlah islamiya – rappresenta forse il figlio (poi rinnegato) di maggior successo, la sua forza non risiede solo nello strumento militare e di guerriglia, ma soprattutto in quello mediatico.
LA RIVOLUZIONE DELL’ISIS
Sul Jerusalem Post, Yoram Schweitzer sottolinea come l’IS potrà anche essere sconfitto, ma ha cambiato il jihadismo per sempre.
“Le sue azioni – spiega l’esperto di terrorismo dell’Institute for National Security Studies – hanno infranto i limiti e le pratiche consuetudinarie” e sono servite come fonte di ispirazione e di imitazione per altre organizzazioni che si identificano con l’idea di jihad globale. A propagandare i dogmi del gruppo sono i social media, i video (come quello in cui viene decapitato il giornalista James Foley) e le tante storie di foreign fighters che rappresentano un richiamo irresistibile per soggetti fragili o esaltati. L’epicentro delle attività è il territorio conquistato tra Iraq e Siria, che pur non essendo uno stato vero e proprio, rappresenta ormai un posto sicuro nel quale agire indisturbati.
COME ARGINARE L’ORGANIZZAZIONE
Non tutto, però, è perduto. Se è vero che l’Occidente ha deciso con estremo ritardo di intervenire contro una minaccia così insidiosa, che per stessa ammissione dei Servizi americani ha avuto tutto il tempo di organizzarsi e radicarsi, è altrettanto evidente che quando l’Occidente deciderà di usare “l’artiglieria pesante” l’ottimismo nel Califfato cambierà radicalmente.
E a cambiare le sorti del conflitto sarà l’intelligence. Ne sono convinti alcuni ex ufficiali della CIA, che lanciando qualche frecciata a Barack Obama (“senza un piano, né coerenza” tanto in Iraq quanto in Siria) hanno illustrato attraverso le mosse necessarie a mettere ko l’IS. Ieri è stato lo stesso presidente degli Stati Uniti in un conferenza stampa a confermare come non sia ancora stata definito un piano appropriato. E non è detto che non possa “accogliere” alcuni di questi suggerimenti.
POTENZIARE L’INTELLIGENCE
L’obiettivo immediato, spiegano gli ex agenti a Newsweek, è quello di fermare l’avanzata del gruppo jihadista con massicci attacchi aerei contro obiettivi ben definiti, da identificare grazie ai suggerimenti di uomini sul campo. “Fare affidamento su Curdi o elementi del Free Syrian Army, è fuori luogo, solo personale americano può dare istruzioni ad aerei Usa“. Uno scenario che prevede dunque come unica alternativa un aumento sostanziale delle spie sul campo, che possano penetrare l’Isis dall’interno, individuando gli obiettivi strategici. “Si sta fondendo con altri gruppi ribelli, il che rende lo Stato Islamico sempre più difficile da colpire“. Solo successivamente sarà opportuno armare ulteriormente le forze iraqene e peshmerga (un piano al quale pare tendere l’Europa). Il rischio che nuove armi finiscano nelle mani dei jihadisti è infatti altissimo. La Casa Bianca è avvisata.