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Libia, la prima seduta del Parlamento di un Paese nel caos

In un’atmosfera surreale si è svolta a Tobruk la prima riunione ufficiale del parlamento libico, a cui hanno preso parte circa due terzi dei 178 deputati eletti lo scorso 25 giugno.

UNA CERIMONIA ANTI-COSTITUZIONALE?

Mentre a Tripoli, dopo tre settimane di scontri, non si placano i combattimenti tra milizie rivali per il controllo dell’aeroporto, Tobruk, 1.500 km a est, è considerata relativamente sicura, caratteristica che gli ha consentito di ospitare sabato una riunione informare al posto della sede naturale, Bengasi. Nonostante ciò la minoranza islamista che compone l’assise ha definito la cerimonia di giuramento anti-costituzionale, non riconoscendo l’insediamento della nuova Camera dei Rappresentanti. Oggetto della contestazione è la convinzione che a convocare l’assemblea dovesse essere il presidente del Parlamento uscente Nouri Abou Sahmein, prima che si possa proseguire all’elezione del suo nuovo omologo.

ABUSHAGUR NUOVO PRESIDENTE?

Alcune indiscrezioni danno in forte ascesa per l’incarico il nome dell’ex vice premier Mustapha Abushagur (ospite a Roma a dicembre scorso di un convegno organizzato da Formiche), reduce da un rapimento lampo la sera del 29 luglio scorso a Tripoli, dove era stato prelevato da uomini armati dalla sua abitazione e poi subito rilasciato. Personalità di esperienza e alto profilo, dopo la brutta esperienza Abushagur non è riuscito a raggiungere Tobruk nel tempo stabilito a causa degli scontri nel Paese, ma ha spiegato i motivi del suo impegno in un lungo post su Facebook. La sua figura viene considerata da diversi analisti come una delle poche capaci di tenere insieme le varie correnti sia politiche sia generazionali che rendono ancora difficile il lavoro del parlamento, nonché la scelta di una sede stabile.

Il parlamento libico riunito informalmente sabato 2 agosto a Tobruk

Lawmakers from Libya's newly elected House of Representatives attend their first meeting session in Tobruk

(foto: Al Arabiya)

PACIFICARE IL PAESE

L’obiettivo principale, per ore, è infatti tentare la strada di riforme che assicurino una rappresentanza adeguata alle tante minoranze che compongono il Paese e di trovare il modo di arginare i gruppi armati finanziati anche dall’esterno. Nelle ultime ore la violenza è aumentata in modo esponenziale, causando la chiusura di molti pozzi petroliferi, alcuni dei quali dati a fuoco e la fuga di famiglie e personale diplomatico di diverse ambasciate.

 LA LIBIA CHIEDE AIUTO

“La Libia non è uno stato fallito”, ha voluto ribadire Abu Bakr Baeira, che ha presieduto i lavori, rivolgendosi ai loro colleghi deputati e invocando l’aiuto dell’Onu prima che sia troppo tardi. Un’ipotesi che prenderebbe sempre più corpo con l’idea di una missione sotto l’egida dell’Onu a guida italiana rilanciata sia in campo politico dal premier Matteo Renzi in visita in Egitto, dalla titolare della Farnesina Federica Mogherini e dal presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre, sia da analisti come Karim Mezran, senior fellow al Rafik Hariri Center for the Middle East di Atlantic Council, dalle colonne del New York Times.

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