I grandi giornali si interrogano da tempo, con analisi talora sofisticate e qualche volta invece fantasiose o insinuanti, sul «patto del Nazareno», cioè sull’accordo stipulato da Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Indipendentemente da quel che possa essere scritto nell’appunto controfirmato dai due contraenti, in realtà, in quel patto non c’è niente di misterioso.
C’è il riconoscimento del comune interesse a concludere la lunghissima transizione con una riforma istituzionale che sancisca formalmente il bipolarismo e, insieme, l’interesse comune a preservare quel che resta dell’indipendenza (o meglio di interdipendenza non troppo asimmetrica) nazionale nel sistema europeo a egemonia tedesca. Sul primo punto c’è l’impegno a trovare soluzioni condivise, sul secondo resta una sfida competitiva, che non esclude il riconoscimento di eventuali atti concreti coerenti con l’obiettivo comune, che però finora non si sono ancora appalesati nell’azione del governo e comunque non hanno ottenuto il consenso della principale opposizione istituzionale.
Il resto, le altre questioni di cui si parla molto, sono conseguenze implicite all’esistenza di una maggioranza istituzionale diversa (e per qualche aspetto non sovrapponibile) da quella che fornisce la fiducia all’esecutivo. Il riconoscimento reciproco di una funzione baricentrica nelle rispettive aree, che a qualcuno appare scandalosa, è la base naturale di ogni superamento della sceneggiata di guerra civile a bassa intensità che è andata in scena per una ventina d’anni sul palcoscenico mediatico, con colpi di scena giudiziari a ogni cambiamento di atto. Anche l’ipotesi di concorrere comunemente all’elezione di un successore di Giorgio Napolitano riflette semplicemente lo stato dei fatti, che hanno visto l’incapacità di ciascuno dei grandi schieramenti di realizzare in proprio questa scelta.
È del tutto improbabile, invece, che si sia arrivati a definire la persona su cui dovrebbero convergere i voti nell’elezione presidenziale, se non altro perché è quasi impossibile credere che un segreto di questo genere possa restare tale per molto tempo in un paese come il nostro. D’altra parte sarebbe per chiunque un rischio tremendo quello di essere indicato come il prescelto o la prescelta comune di Renzi e di Berlusconi: è sicuro che sul malcapitato si accanirebbe immediatamente una campagna di opinione denigratoria, magari accompagnata da qualche iniziativa giudiziaria, tento per gradire. Che cosa c’è di scandaloso allora nel patto del Nazareno? Solo il fatto che si tratta di un atto politico, compiuto autonomamente da soggetti politici, e questa è ormai una rarità nel panorama italiano.