Mater semper certa pater autem incertus. Questo sia secondo il senso comune che per il diritto. Tant’è che oggi nei casi dubbi si può ricorrere alla prova del DNA per stabilire la paternità.
Ma talvolta la prova del DNA può creare dubbi e conflitti nella coppia. Dubbi che possono venir spiegati dalla biologia senza immaginare infedeltà coniugali.
Questo ad esempio è il caso riportato da una recente pubblicazione scientifica apparsa sull’American Journal of Human Genetics.
Nel lavoro si parla di una famiglia con tre figli affetti da una malattia genetica rara chiamata sindrome di Smith-Magenis. I tre bambini erano tutti portatori di una stessa delezione nel gene RAI1 responsabile della malattia.
Dato che uno dei bambini aveva un padre diverso dagli altri due il Dr. McEntagart, genetista presso l’Università di St. George di Londra, ha sospettato che la madre potesse essere l’unica fonte del gene alterato. Ma dall’analisi standard del DNA estratto dai linfociti del sangue risultava che la donna aveva una versione normale di RAI1. Come poteva essere spiegato il paradosso?
La risposta a questo enigma era che la madre fosse un mosaico genetico.
Tutti (anche i biologi molecolari) tendono a pensare che tutte le cellule dell’organismo contengano lo stesso materiale genetico. Ma ci sono delle persone che sono portatrici di due o più genomi significativamente diversi. Per passare dallo zigote (l’ovulo fecondato dallo spermatozoo) all’organismo adulto che contiene 10 mila miliardi di cellule sono necessarie un numero incredibile di divisioni cellulari. Ad ogni divisione cellulare il DNA della cellula viene duplicato fedelmente in modo che ogni cellula figlia contenga copie identiche del genoma. Ma con una certa frequenza si verificano errori o “mutazioni”.
E’ dunque possibile che in un individuo sano esistano gruppi di cellule portatrici di un gene mutato. Questo processo è alla base dei tumori. Ma è anche quello che si è verificato nel caso della madre dei tre bambini affetti dalla malattia genetica. E in effetti, grazie ad un test più approfondito, è stato possibile stabilire che alcune delle cellule della signora erano portatrici del gene per la sindrome di Smith-Magenis: il 25 per cento delle cellule del sangue contenevano un gene RAI1 con la stessa mutazione presente nei figli.
La signora in questione era un mosaico dovuto ad una mutazione in alcune cellule del feto. Il risultato netto è che alcune cellule presenti nel suo corpo adulto contengono il gene mutato e altre quello sano. Nel caso in questione le cellule mutate hanno dato origine ad alcuni ovuli, ad una frazione delle cellule del sangue e, probabilmente, di altri tessuti .
Quello pubblicato sull’American Journal of Human Genetics dal gruppo Baylor College of Medicine di Houston (Parental Somatic Mosaicism Is Underrecognized and Influences Recurrence Risk of Genomic Disorders) è il primo studio su larga scala in cui viene analizzato l’effetto del mosaicismo sulle malattie genetiche. L’analisi di 100 famiglie con un bambino affetto da una malattia genetica causata una delezione genica non riscontrata nei genitori ha permesso di identificare altre 4 madri mosaico. E forse altre avrebbero potuto essere identificate se si fossero analizzate cellule di altri tessuti oltre il sangue.
I risultati suggeriscono che alcune persone possono esser portatrici di geni per gravi malattie genetiche senza alcun sintomo perché le cellule malate rappresentato solo una frazione di quelle presenti nell’organismo. Queste persone sono inconsapevolmente a rischio di avere figli malati se la mutazione appare nelle loro cellule riproduttive. Identificare le madri mosaico di un primo figlio malato potrebbe aiutare le coppie a prendere decisioni su ulteriori gravidanze.