Mi auguro con tutto il cuore di sbagliarmi, ma temo che la decisione del presidente Obama di avviare una limitata campagna aerea in Irak risponda più a esigenze di politica interna americana che a una chiara e determinata strategia per arrestare l’avanzata delle istanze fondamentaliste che si stanno affermando in una parte rilevante del mondo islamico.
Al momento risulta impegnato nelle operazioni offensive il Carrier Wing 8 della portaerei George H. W. Bush, dotato di 44 tra Hornet e Superhornet da attacco e di 5 Prowler per la guerra elettronica e, da quanto si è visto finora, gli obiettivi sono di tipo tattico, come singoli mezzi lanciarazzi, nulla che possa ribaltare i rapporti di forza sul terreno tra le truppe dell’Isis e le unità curde contrapposte, mentre una campagna aerea realmente efficace si conduce con numeri ben più grandi (in Kosovo come in Libia velivoli da attacco impiegati erano parecchie centinaia) e viene indirizzata prevalentemente contro le sorgenti logistiche delle capacità militari avversarie, per prosciugarne l’alimentazione, e contro i centri di comando, per disarticolarne il coordinamento.
Se l’atteggiamento militare Usa verrà confermato anche nel prossimo futuro, Obama potrà affermare, in casa, che non è rimasto inattivo rispetto agli sviluppi sul campo, ma le forze del fondamentalismo non verranno fermate, al contrario potranno vantarsi di aver dimostrato la sostanza impotenza degli Stati Uniti, e con loro di tutto l’Occidente, con tutto quanto ne potrà conseguire.