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Perché non mi riconosco nella sinistra filo Hamas. Parla Rondolino

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’intervista di Goffredo Pistelli a Fabrizio Rondolino apparsa su Italia Oggi.

Fabrizio Rondolino sfida le convenienze. Il giornalista e analista politico ha inalberato la bandiera israeliana sulla sua pic, ossia l’immaginetta, di Twitter e affronta a colpi di tweet la canea pro-Hamas, che in Italia registra schiere di simpatizzanti. È feroce, li chiama «zecche» e twitta duro: «Arrivano a frotte, dalle loro stanzette tristi e dai loro lavori parassitari, e inneggiano ai terroristi palestinesi per sentirsi giovani».

Rondolino, lei ha scritto su Europa che la grande stampa in Italia ha scelto di stare al gioco della propaganda di Hamas.

Risposta. È così, quando ogni giorno sceglie di titolare sui bambini morti. Che i bambini muoiano è naturalmente una cosa orribile, e così le donne e i civili. Ma purtroppo non è questo il punto, perché accade in ogni guerra.

D. Accade anche in Siria e nel nuovo califfato iracheno, ma pare che non interessi.

R. Appunto. Informare significa approfondire le ragioni di una guerra, distinguere i torti dalle regioni. Bisognerebbe scrivere che Hamas impedisce a civili di trovare rifugio, che nasconde i razzi dentro le moschee, le scuole, negli ospedali. E che fa un uso strumentale e, quello sì, cinico delle vittime per dimostrare la giustezza delle proprie ragioni.

D. È quella la vera guerra di Hamas?

R. È esattamente quella: punta di per vincere la guerra dell’opinione pubblica. E ci sta riuscendo, perché, a eccezione di La Stampa di Torino, non si titola sui tunnel che servono per colpire i kibbuzin, sui cittadini israeliani, cioè sulle ragioni del conflitto, ma sui bambini morti. Anche perché i bambini morti fanno audience, click sulle homepage e fanno vendere qualche copia. Ma allora, dico io, scrivete chiaramente che «Israele è uno stato assassino» e assumetevene le responsabilità.

D. Lei è un uomo di sinistra e queste posizioni, diciamo la verità, albergano spesso da quella parte.

R. Ed è un problema drammatico perché la sinistra italiana ha purtroppo una lunga tradizione antioccidentale. Alla fine il vero rimprovero che viene mosso a Israele è di essere uno stato democratico, e amico degli Usa. È purtroppo una sinistra ammalata di terzomondismo, disposta a sostenere le cause dei peggiori dittatori, in odio a noi stessi, alla civiltà occidentale, alle ragioni della libertà e della convivenza civile. E non dicono mai che il vero nemico dei palestinesi sono certi Paesi arabi.

D. Nel senso che uno Stato palestinese poi, nei fatti, non l’hanno voluto.

R. Sì perché nel 1948 furono i Paesi arabi a occupare buona parte di territori palestinesi e, da allora, hanno voluto tenere aperto il bubbone dei profughi contro Israele.

D. E anche dopo non è che li amassero, basti ricordare il Settembre nero in Giordania, quando, nel 1970, i beduini del re cacciarono quelli dell’Olp dai campi profughi. Ma come se ne esce?

R. È una situazione che va avanti da 60 anni, ci sono due o tre generazioni cresciute in questo mondo assurdo, ci sono estremisti e radicali da tutte le parti. Ma finché Hamas non riconosce il diritto all’esistenza dello stato in Isreale non succederà nulla. Perché Israele che alternativa ha? Scomparire.

D. E Hamas cosa dovrebbe fare?

R. Usare i soldi occidentali a costruire scuole e ospedali anziché fare la guerra a Israele. Dedicarsi a fare di Gaza un posto decente. Perché anche Israele era una pietraia una volta.

D. Quando i primi coloni arrivarono

R. Sì e ne hanno fatto un giardino. Da lì arriva tecnologia, i chip che usiamo nei nostri computer, o metà dei format tv che vediamo. Con tutto che sono un paese perennemente in guerra, cosa che nessuno ricorda mai. Con tutto che le persone, uomini e donne, si debbono fare tre anni di servizio militare e un mese di richiamo all’anno. Dall’altra parte, fra i palestinesi, i finanziamenti internazionali hanno arricchito solo alcune oligarchie.

D. Ci vuole una nuova classe dirigente palestinese? Un nuovo Abu Mazen?

R. Ci vuole un leader che abbia il coraggio politico e la statura morale di dire ai suoi: deponente tutte le armi. Punto e basta. Solo così si va verso i due popoli e i due stati. Ci vuole un palestinese che faccia quello che Isaac Rabin ha fatto dall’altra parte. Finché sopravvive l’idea di Israele come Stato abusivo non ©si arriverà a nulla.

D. È l’idea che alimenta l’antisionismo europeo?

R.Che spesso diventa antisemitismo tout court, come si è visto in Francia.

D. L’Europa tende a essere terza ma guardando con simpatia le ragioni di una parte, quella palestinese.

R. È lo spirito di Monaco 1938. Fummo pronti a fare accordi con Adolf Hitlter, così come oggi ci vanno bene Hamas e Vladimir Putin e sa perché?

D. Perché?

R. Perché non abbiamo l’idea che libertà bene sia un bene prezioso, continuamente minacciato, e che quindi vada custodito.

D. Cita Putin per via dell’aereo malese?

R. Certo. Essendo stato abbattuto dagli indipendentisti russi, che impediscono agli osservatori internazionali di intervenire, che hanno devastato il luogo dell’impatto, Mosca ha una responsabilità gravissima. E l’Europa? Non fa niente.

D. Qualcuno vorrebbe che anche l’Italia e il governo di Matteo Renzi si facessero sentire di più.

R. Non mi pare che questo governo sia troppo proiettato all’esterno ed è un peccato. Perché l’Italia potrebbe avere un ruolo importante con i Paesi mediterranei, arabi e musulmani.

D. A riprova che lei sta con gli israeliani ma non perché ce l’abbia con gli arabi

R. Certo. Nessun pregiudizio, ci mancherebbe.

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