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Tagliare il debito per far lievitare l’Italia

Avanti così. Dibattiamo pure del grillino Alessandro Di Battista filo-Isis. Discettiamo su forme e riforme del ministro Maria Elena Boschi. Continuiamo a baloccarci con frustate fiscali all’economia (sempre invocate ed evocate e mai realizzate seriamente nonostante proclami berlusconiani e post berlusconiani), spending review (che hanno prodotto tonnellate di studi e documenti, compresi quelli che hanno dimostrato il flop del montiano Piero Giarda, e cordatine editorial-giornalistiche a supporto a commissari governativi alla Carlo Cottarelli) e ovviamente con l’articolo 18 che stava per essere rottamato già nel 2001 e nel 2014 siamo tornati a parlarne per animare il Ferragosto (leggere per credere questa intervista all’allievo di Marco Biagi, Michele Tiraboschi).

Avanti così. Continuiamo dunque a ballare sul barcone sgangherato del debito pubblico italiano che negli ultimi 4 anni ci è costato (secondo l’Istat) quasi 300 miliardi di euro. Così fra qualche mese scatterà la tagliola esiziale per l’Italia: dal 2016 gli Stati che fanno parte dell’euro dovranno tagliarlo di un ventesimo della parte che eccede il 60 per cento del Pil. Ovviamente, una delle richieste dell’Italia sarà quella di allentare o prorogare la tagliola, come ha detto con una maligna parentesi l’ex ministro degli Affari europei, Enzo Moavero, in un recente intervento sul Corriere della Sera. Ma la richiesta sarà esaudita?

E invece di chiedere, per poi vedersi dire di no, perché non limiamo la montagna del debito senza attendere i diktat di Bruxelles? Così magari i miliardi che si spendono ora per pagare gli interessi sui titoli di Stato potranno essere utilizzati a fini sviluppisti e magari per tagliare le imposte.

Giuristi, economisti ed esperti vari da tempo pongono il problema e indicano soluzioni. Buon ultimo pure il renziano doc Marco Carrai, in un intervento su MF/Milano Finanza.

Perché non si fa questo benedetto Taglia Debito? Cercheremo di capirlo nei prossimi giorni.


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