L’indebolimento dell’economia europea e il calo dell’inflazione, al di là delle previsioni formulate solo tre mesi fa, hanno spinto la Bce a potenziare la manovra espansiva decisa a giugno e di aggiungere ad essa, a partire da ottobre, l’acquisto di ABS in misura tale da ampliare significativamente il bilancio della BCE. Data l’assenza di unanimità, si può presumere che le decisioni non abbiano incontrato il voto favorevole della Bundesbank.
Il taglio dei tassi di riferimento di ulteriori 10 punti base cerca di sostenere la domanda aggregata europea via svalutazione. Esso comporterà inoltre un rafforzamento delle iniezioni di liquidità che si avvieranno nelle prossime settimane rendendo l’accesso al credito BCE da parte delle banche ancor più conveniente: anche il tasso di rifinanziamento a favore delle banche si abbassa infatti di 10 punti base.
Riusciranno queste misure a far salire l’inflazione verso il target del 2% e a sostenere l’economia? La loro efficacia dipende da due questioni. La prima riguarda quanto è profonda la trappola della liquidità in cui si trovano diversi Paesi euro: l’efficacia sarà modesta se la liquidità non verrà incanalata in impieghi produttivi perché, da un lato, le banche sono avverse al rischio e, dall’altro, le imprese non domandano credito per aver abbassato strutturalmente le decisioni di investimento.
La seconda questione riguarda la disponibilità della Germania ad assecondare questo processo: per riportare l’inflazione al 2% e proseguire nel riequilibrio competitivo intra-euro occorre che i tedeschi accettino un’inflazione in casa loro al 3% per alcuni anni; i dissensi Bundesbank sulle decisioni odierne potrebbero riflettere la resistenza a considerare una simile prospettiva.