L’Antitrust denuncia l’assenza di etica pubblica in Italia. Nella relazione semestrale sul conflitto di interessi, documento che di fatto passa in esame le situazioni critiche di titolari di cariche nel Governo (premier, ministri, vice-ministri, sottosegretari, commissari straordinari), l’Autorità garante della concorrenza arriva a richiedere la creazione di «un contesto normativo sufficientemente maturo che faccia registrare una diversa attenzione e una nuova sensibilità sui temi dell’etica pubblica. Temi che dovrebbero entrare a far parte di un bagaglio deontologico che in altri Paesi è ben consolidato e che in Italia ha sempre stentato ad affermarsi».
L’Antitrust non è nuovo a documenti “scomodi” per la messa in piazza di malcostumi nazionali (si pensi alle analisi sul corporativismo professionale o a quelle sui legami occulti tra compagini societarie). In questo caso, la denuncia, piuttosto dura, mira al cuore del problema.
UNA LEGGE DA SEMPRE SOTTO TIRO
La denuncia è contenuta in una relazione, pubblicata nella prima settimana di agosto sul sito dell’Authority, che prende vita dalla legge 20 luglio 2004 n. 215, recante “Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi”. La normativa è stata negli anni più volte oggetto di profonde critiche tecniche e politiche, in quanto accusata di non risolvere pienamente le situazioni più complesse, tra cui quelle che hanno caratterizzato Silvio Berlusconi, leader di partito e nel contempo tra i più ricchi imprenditori italiani.
Evidentemente, l’argomento resta molto spinoso. Da qui l’iniziativa, motu proprio, dell’Autorità guidata da Giovanni Pitruzzella. La quale, in primo luogo, ha implementato «i protocolli informativi e il proprio ruolo di organo non soltanto di controllo, ma anche consultivo, dei membri del Governo». I dati dell’ultimo triennio rivelano che l’iniziativa ha portato a riscontri positivi, cioè a comportamenti virtuosi, «desumibili dal sensibile aumento delle richieste di parere pervenute all’Autorità e dalla progressiva riduzione del numero delle incompatibilità rilevate dal Collegio».
UN CONFRONTO PERDUTO
Ma l’Antitrust ha fatto di più. Ha avviato un confronto con le normative internazionali dove, «grazie anche alla presenza di un controllo sociale molto diffuso – non manca di sottolineare la relazione – regimi di regolazione hanno dato complessivamente buoni risultati». Viceversa, si legge nelle conclusioni, «la disciplina italiana e, in particolare, la legge n. 215/2004, risulta, sotto questo aspetto, non ancora allineata alle proposte risolutive generalmente applicate a livello europeo e internazionale».
SFUGGE IL (VERO) CONFLITTO
Sono due gli ambiti di intervento. Il primo riguarda l’oggetto, ossia una ridefinizione di “conflitto di interessi”, oggi appiattito, per quanto riguarda l’Italia, su una serie di indicazioni prettamente formali e, di conseguenza, incapaci di elasticità ed efficacia. L’Antitrust, prendendo spunto dal confronto internazionale, richiama invece la necessità di rivederne i termini in base «alla situazione di “pericolo” che contraddistingue il conflitto rispetto ai reati contro la pubblica amministrazione». Arrivando a suggerire anche il concetto di «“conflitto di interessi effettivo”, proposta dall’Ocse, quale mera situazione di pericolo, in cui gli interessi privati riconducibili ad un pubblico ufficiale presentino un’attitudine concreta ad influenzare il corretto esercizio della funzione pubblica alla quale lo stesso pubblico ufficiale è preposto».
COLPEVOLI SENZA PENA
L’altro punto di intervento è la capacità di enforcement. Sembra paradossale, ma una volta individuate le situazioni di conflitto, l’Antitrust non ha strumenti per risolverle. «La necessità – denuncia l’Authority – di far fronte all’intrinseca debolezza dei meccanismi di enforcement previsti dalla legge in vigore, derivante dall’assenza di efficaci strumenti coercitivi, trova una sua concreta testimonianza nell’esito di un’istruttoria condotta durante lo scorso esecutivo nei confronti del Vice Ministro per le infrastrutture e i trasporti, Vincenzo De Luca, dichiarato incompatibile dall’Autorità in relazione alla carica di sindaco del comune di Salerno, la cui situazione di incompatibilità non è stata mai risolta dall’interessato né dagli organi competenti alla sua rimozione».
AMMINISTRATORI SENZA INTEGRITÀ
Ma è sul piano culturale e, di conseguenza, comportamentale, che suona più profonda la denuncia dell’Antitrust. Laddove, appunto, mette nero su bianco l’imperativo di «una nuova sensibilità sui temi dell’etica pubblica» nonché «di un bagaglio deontologico» fino a oggi inesistente. Al punto da essere nel mirino degli organi internazionali, a partire dalla Commissione europea, i quali, spiega l’Antitrust, non mancano di rilevare «la perdurante necessità che nel nostro Paese sia rafforzato il regime di integrità per le cariche elettive e di governo nazionali, regionali e locali, anche attraverso l’adozione di adeguati codici di comportamento, strumenti di rendicontazione e soluzioni a carattere sanzionatorio».