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Articolo 18: un Totem anche per colpa di chi ne ha abusato

Un totem è un oggetto al quale si attribuisce una relazione speciale con i gruppi sociali. Ma non serve aver fatto profondi studi antropologici per capire che il totem è una creazione di uomini, e come tale ha una sua storia. Quasi nessuno si sta chiedendo come l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sia diventato simbolo dello scontro politico ormai da decenni.

È noto infatti che in diversi Paesi europei (primo tra tutti la Germania) è prevista la possibilità del reintegro in taluni casi di licenziamento illegittimo. Ma ciò non ha mai creato scontro politico né è mai stato causa, come dichiarato da diversi imprenditori stranieri nei confronti dell’Italia, di mancati investimenti esteri.

Per tentare di rispondere è buona cosa osservare alcuni casi di reintegro di lavoratori licenziati che hanno fatto discutere. Basta pensare al lavoratore dell’aeroporto di Malpensa, sorpreso dalle telecamere di sorveglianza a rubare bagagli dei passeggeri dell’hub, e reintegrato dal giudice qualche tempo dopo. Noti sono anche i numerosi casi di lavoratori sopresi a sottrarre farmaci negli ospedali pubblici e reintegrati dalle strutture alla fine grazie alla decisione dei giudici del lavoro.

Questi episodi, insieme a molti altri che si potrebbero ricordare, sono esempi chiari di come spesso si sia abusato delle tutele previste dall’articolo 18. In molti casi il potere giudiziario è stato utilizzato come strumento di lotta sociale in una difesa, spesso ideologica, del lavoratore in quanto tale.

Questo ha portato a individuare nell’articolo 18 uno strumento di specie per chi non è in grado di concepire altro rapporto tra capitale e imprese se non in termini di conflitto di classe e lotta contro lo strapotere del padrone. Allo stesso modo ha contribuito a costruire agli occhi delle imprese estere l’immagine di un Paese nel quale la gestione dell’impresa e delle risorse che vi lavorano è in larga parte subordinata a decisioni giudiziarie di dubbia imparzialità.

Nella situazione finora descritta è innegabile una grande responsabilità di parte del mondo sindacale italiano che ancora recentemente abbiamo visto mobilitare assemblee sine die di lavoratori degli scavi di Pompei con turisti provenienti da ogni pare del mondo fuori dai cancelli chiusi simbolo della chiusura se non del fallimento di un intero Paese e del modo di intendere le relazioni industriali e il lavoro.

Nel corso degli anni non si è mai stemperata quella concezione negativa dell’impresa e del ruolo dell’imprenditore maturata agli albori della rivoluzione industriali, quale padrone e dunque per definizione nemico del lavoratore. La degenerazione di tale concezione ha condotto il sindacato a impegnarsi in battaglie per il reintegro di lavoratori che poco hanno a che fare con la difesa delle tutele dei più deboli.

Queste battaglie hanno portato il sindacato ad occuparsi sempre più dell’organizzazione dello scontro, anche quando questo era ingiustificato, più che impegnarsi nella contrattazione, sua vocazione originaria.

In questo modo ci si è concentrato sull’esasperazione dei problemi piuttosto che sul lavoro quotidiano di ricerca delle soluzioni. Ed è proprio questa tendenza ad aver creato, attraverso una magistrale eterogenesi dei fini, il totem dell’articolo 18. Eterogenesi dei fini poiché quello che il sindacato ha per anni issato a bandiera della difesa delle tutele dei lavoratori si è trasformato nella condanna del sindacato ad associazione conservatrice e freno della crescita economica.

Una dimostrazione importante del fallimento di questo metodo, oltre al valore simbolico che si è creato intorno all’articolo 18, è la grande diffusione della pratica della contrattazione di prossimità permessa dall’art.8 del d.l. n.138 del 2011.

Come mostra il database www.farecontrattazione.it negli ultimi anni si sono rilevati numerosi casi di deroga ai ccnl per meglio conciliare le esigenze produttive con le esigenze dei lavoratori. In diversi casi le questioni poste dall’articolo 18 sono state pienamente superate da tali pratiche.

È la prova che un sindacato che non abusa delle tutele dei lavoratori, non le utilizza come strumento di battaglia politica, e torna a fare vera contrattazione può esistere. Sicuramente non comparirà sulle prime pagine dei giornali, non se ne parlerà nei talk show e nei dibattiti politici, ma se ne parlerà nelle fabbriche e nelle famiglie dei lavoratori coinvolti. Resta al sindacato scegliere da che parte stare.

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