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Cari leopoldini di centrodestra, parliamo anche di cultura?

Seguo con interesse il dibattito sulla Leopolda Blu aperto da Formiche.net. Credo però che una dimensione sia stata relativamente trascurata: quella delle arti e della culturale in generale.

E’ un tema che dovrebbe essere particolarmente sentito in Italia dove, nel secondo dopo guerra, arti e coltura sono diventati gradualmente appannaggio della sinistra, e soprattutto della sinistra comunista, che ha accolto nelle proprie file i principali vincitori dei “littoriali”.

Nel contesto dell’epoca, il “patto ad excludendum” implicava che non potendo dare alla sinistra il governo del Paese, gli si diedero progressivamente altri settori (come le arti e la cultura). La sinistra, in particolare la sinistra comunista, fu lieta di accogliere nelle proprie fila gli “esodati” dal fascismo nella consapevolezza che essi potevano avere nell’incidere sulla società civile. In effetti, furono pochi coloro che restarono nella cultura cattolica (ad esempio Diego Fabbri) o nella cultura liberal-socialista (ad esempio Ignazio Silone) dato il peso che una certa politica aveva assunto nelle case editrici, nella produzione cinematografica e successivamente nella televisione

Tutto ciò non è cambiato nei quasi vent’anni in cui il centrodestra ha spesso avuto responsabilità di governo per periodi non brevi. Si legga Il Berlusconismo nella Storia d’Italia di Giovanni Orsina (Marsilio, 2013) per toccare con mano ad esempio come sia stata lasciata crollare la fondazione e la rivista Ideazione che almeno per un decennio è parsa essere il faro culturale di una “nuova destra” che aggregava anche numerosi giovani e che guardava al futuro senza nostalgie per il passato (difetto di una piccola, anche numericamente, cultura di una destra le cui case editrici sono ancora ancorate ad autori di settanta anni orsono).

E’ questo in Europa per molti aspetti un problema italiano. Francia, Germania, Gran Bretagna hanno una cultura non solo non agganciata a vetuste teorie marxiste ma rivolta verso l’avvenire ed alla ricerca di espressioni nuove ed ardite. E’ un problema vivo ed importante negli Stati Uniti dove nella arti e nella cultura prevalgono tendenze legate a quella che potremo chiamare la ” sinistra” del Partito Democratico.

Nel fascicolo del 7 luglio di The National Review (rivista culturale per eccellenza dell’America vicina al Partito Repubblicano, antagonista per molti aspetti della New York Review of Books), un saggio di Adam Bellow, direttore di una delle sezioni più importanti di Harper Collins ed editore di Liberty Island Media – un piccolo ma dinamico conglomerato editoriale di pubblicazioni liberali e libertarie – ha lanciato la proposta che l’America liberale e libertaria si rinnovi partendo proprio dalla narrativa per giungere poi ad altre forme di espressioni artistica.

Una Leopolda Blu affronterà questi temi?



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