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Ecco cosa accadrà nel Kurdistan iracheno

La situazione nel Kurdistan iracheno in un Medio Oriente sempre più in fiamme, la paura dell’Isis alle porte di casa e l’impegno politico di una giovane ragazza che ci racconta la sua testimonianza da Erbil.

Shilan Dosky ha vissuto in Olanda per quasi 17 anni ed è tornata in Kurdistan nel 2012. In Olanda ha lavorato per più di cinque anni come capo dell’Unione delle Donne del Kusdistan per l’Europa e come rappresentante internazionale per il Kurdistan Democratic Union Youth. Al suo rientro in Kurdistan, dove si è trasferita ad Erbil, ha iniziato a lavorare presso il Dipartimento degli Affari Esteri (KRG) come Consigliere per gli affari europei. Da due anni è responsabile dell’unità europea dell’Ufficio Relazioni Estere del Partito Democratico del Kurdistan (KDP).

Fino a pochi anni fa, il Kurdistan è stata la regione più sicura in Medio Oriente. Ricordiamo, per esempio, cosa ha rappresentato il Kurdistan per molti profughi siriani. Poi c’è stata l’avanzata dell’Isis e i Peshmerga sono rimasti a rappresentare l’ultimo baluardo per proteggere le istituzioni irachene. Ora, con l’aiuto degli Stati Uniti e dei paesi dell’Unione Europea, che cosa accadrà?

Credo che il Kurdistan sia ancora una delle zone più sicure in Medio Oriente – i recenti eventi sono battute d’arresto temporanee – e la maggior parte delle rappresentanze diplomatiche con sede in Kurdistan danno dei consigli di viaggio per questa regione differenti rispetto al resto del paese. Gli eventi recenti non potranno né cambiare né minacciare la nostra fede nella convivenza. Questa guerra con lo Stato islamico richiederà del tempo, ma siamo determinati a sconfiggerli. I Peshmerga stanno sostenendo uno scontro continuo con i combattenti dell’Isis, ma stanno anche proteggendo un fronte di 1.050 km con lo Stato islamico. Siamo grati per l’assistenza da parte dei nostri amici e alleati – Usa e paesi europei – ma una coalizione internazionale impegnata in soli attacchi aerei da sola non risolverà la questione in modo permanente. Abbiamo bisogno di trovare e mettere fine alle donazioni finanziarie del gruppo (Isis), individuare i suoi sostenitori, controllare le frontiere internazionali e affrontare la sua ideologia barbara. Ma abbiamo anche bisogno di cambiamenti politici in Iraq.

Lei ha sempre lottato per i diritti delle donne. Pensa che la dignità di quest’ultime sia seriamente messa a rischio dall’Isis e cosa stanno facendo le donne in Kurdistan?

Lo Stato islamico continuerà a incitare il terrore attraverso la sua brutalità spietata. Loro rapiscono, stuprano e schiavizzano le donne e li costringono a matrimoni. Costringono le donne non musulmane, tra cui yazidi, a convertirsi all’Islam per legittimare questi matrimoni forzati.
Le nostre forze di sicurezza stanno proteggendo milioni di persone da queste pratiche barbare in tutto il Kurdistan. Le nostre comunità stanno dando denaro e donazioni per fornire rifugio a coloro che fuggono dalle zone sotto il controllo di Stato islamico. Inoltre, abbiamo una unità Peshmerga femminile ben addestrata e coraggiosa, nonché numerosi gruppi di donne che si sono offerte volontarie per aiutare a combattere lo Stato islamico. E, cosa ancora più importante, è che stanno fornendo aiuti umanitari e psicologici alle donne che possono aver sofferto per mano dello Stato islamico.

Che cosa può rappresentare il Kurdistan in un Medio Oriente che sta cambiando volto?

Il Kurdistan è una democrazia sempre più riconosciuta dalla comunità internazionale; il nostro rispetto per i diritti umani – in particolare i diritti delle donne e la libertà di espressione – sono principi fondamentali della nostra Regione fiorente. Ciò è in netto contrasto con il resto del Medio Oriente. Il Kurdistan ha fatto notevoli progressi nella costruzione di una forte economia e riesce ad attrarre investitori stranieri con alcune leggi che favoriscono la sua apertura ai Paesi amici.

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