Oggi in Galles inizia un vertice cui fino a pochi mesi non avremmo prestato grande attenzione. Quest’anno non è così. Per l’Italia sarà presente non solo il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ma anche il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. In gioco non c’è evidentemente una entrata in guerra ma, non meno gravemente, vi è la presa d’atto nell’Alleanza Atlantica che lo scenario globale è cambiato, e in peggio. Le minacce alla sicurezza internazionale si sono moltiplicate ed hanno forme nuove. Vi è una nuova e diversa attenzione alle questioni energetiche ed una crescente preoccupazione per la “invadenza” russa in Ucraina. I timori sono per la sovranità di Kiev e dei paesi dell’Est ma anche per le forniture di gas alla Ue e all’Italia. Vi è la doppia sfida dei terroristi dell’Islamic State che attentano all’Occidente così come agli equilibri nell’intera regione araba e nord africana. Le teste mozzate dei giornalisti Usa fanno lo stesso orrore del tentativo di genocidio delle comunità cristiane e delle minoranze in Iraq e Siria. Vi è quindi l’instabilità della Libia, il rapporto con nemici ora alleati (o quasi) come l’Iran – il cui ministro degli esteri è stato a Roma proprio ieri – o Hezbollah. Vi è il latente, ma non troppo, scontro nella cyber sfera, in particolare con la Cina. Vi sono le missioni in corso come Nato (Afghanistan) o come Nazioni Unite (Libano).
L’Alleanza Atlantica non può più essere quella che è stata in passato, anche in quello recente. Il punto non è, speriamo, se e come reagire per difendere Kiev da una eventuale, sciagurata e inaccettabile, escalation militare di Putin. Nè sull’opportunità – questa ormai acclarata – di sostenere i curdi e i siriani contro i terroristi di Al-Baghdadi. L’Italia nel quadro di un impegno europeo ha deciso di inviare armamenti ai curdi e la stessa Pinotti ieri alla Camera ha confermato che saranno consegnati entro la settimana prossima. Il tema piuttosto è come articolare una capacità strutturalmente pronta a fare fronte alle minacce emergenti. Il governo, archiviate le prime dichiarazioni arcobaleno tutte orientate all’elettorato interno e di sinistra, sa di non poter e di non voler mancare a questo appuntamento con la storia che cambia. L’indicazione della Mogherini per la guida della politica estera e di sicurezza comune della Ue e l’intervento del premier al vertice Nato segnalano questa consapevolezza e, insieme, questa assunzione di responsabilità. Quando Obama venne a Roma e chiese di spendere di più in difesa (almeno il 2% del Pil, contro l’1,6% speso dall’Italia) fu inascoltato o incompreso. Renzi in Galles ribadirà da par suo l’esigenza di “spendere meglio”. Su questo troverà terreno fertile perchè tutti i Paesi subiscono le ristrettezze dei bilanci. Assai improbabile, però, che possa trovare solidarietà se dovesse ridurre i budget o non “qualificarli” anche dal punto di vista delle maggiori risorse (meglio) investite.
L’argomento politicamente più rilevante del premier italiano sarà comunque un altro e riguarderà lo “sguardo” della Nato orientandolo verso il quadrante che dal Mediterraneo arriva al Golfo passando per il Medio Oriente. Le basi dell’Alleanza Atlantica in Italia – e soprattutto in Sicilia con Sigonella ma anche con il Muos – oggi si rivelano strategiche come non mai e non sarebbe un’eresia immaginare la costituzione di un African Command della Nato il cui quartier generale possa essere proprio nella nostra penisola. La pace, oggi che è messa in pericolo su più fronti, è stata un’aspirazione che ha mosso sempre la politica migliore. Volere fermamente la pace ma essere sempre pronti a contrastare le minacce più insidiose: questa è la cifra della politica che oggi e domani ragionerà su come rafforzare una istituzione il cui compito è stato e dovrà essere evitare nuove guerre.