La nuova segreteria unitaria (con l’ingresso della minoranza Dem) dell’era Renzi ha preso definitivamente forma con l’assegnazione di tutte le deleghe da parte del premier: e le più pesanti sono andate naturalmente ai renziani. Tra questi, Ernesto Carbone, divenuto il nuovo responsabile Pubblica amministrazione, innovazione e made in Italy, un compito importante perché unisce settori che l’Italia è chiamata a trasformare (come la Pa) e a rilanciare a beneficio di tutto il sistema-Paese (come l’innovazione) e un ambito, il made in Italy, dove la nostra tradizionale forza è messa a repentaglio dalla comparsa di concorrenti capaci non solo di offrire prezzi più bassi ma a volte più abili a proporsi, magari grazie alle nuove tecnologie digitali.
IDENTIKIT DI CARBONE: LA WEB TAX
Nato a Cosenza il 25 giugno 1974, laureato in Giurisprudenza a Bologna nel 1998 e iscritto all’Ordine degli Avvocati dal 2002, Carbone si è già fatto notare nelle prime fasi di questa legislatura per la sua posizione sulla cosiddetta Google tax: la necessità di far pagare ai colossi di Internet le tasse nei Paesi in cui operano, senza più permettere loro di sfuggire al fisco grazie a complessi escamotage come i famosi sandwich olandese e double Irish.
Carbone ha presentato a dicembre scorso un emendamento al disegno di legge Delega fiscale – che era stato predisposto dal governo Letta – chiedendo che le società multinazionali che operano anche in Italia, come Google, ma anche Facebook o Amazon, paghino le tasse nel nostro Paese in misura proporzionale al fatturato. Google, per esempio, che ha la sede europea in Irlanda, da dove riesce con un sistema di società collegate a ricadere nelle norme di paradisi fiscali, è riuscita nel 2012 a versare all’erario italiano un milione e ottocentomila euro, a fronte di una raccolta pubblicitaria in Italia stimata intorno ai 700 milioni di euro. La norma presentata da Carbone cercava di sanare almeno in parte la scappatoia fiscale, da tempo nel mirino di Bruxelles e anche del G20.
La web tax è poi diventata legge a fine dicembre 2013, all’interno della legge di stabilità. La nuova normativa prevede che ad acquistare servizi di pubblicità, link sponsorizzati online e spazi pubblicitari visualizzabili sul territorio italiano possano essere solo soggetti titolari di partita Iva italiana. Inoltre, alle aziende che fanno raccolta pubblicitaria sul web, prescrive un diverso indicatore dei profitti rispetto a quello attuale che fa riferimento ai costi sostenuti per l’attività.
La norma comportava inizialmente una serie di interventi normativi ai fini Iva e delle imposte dirette per tassare in Italia i proventi derivanti dal commercio elettronico diretto e indiretto, ma ha suscitato critiche anche all’interno dello stesso Pd. L’emendamento, accantonato in Commissione Bilancio del Senato, è stato ripresentato a inizio dicembre alla Camera con la firma di firma appunto di Ernesto Carbone insieme a Edoardo Fanucci (Pd), Sergio Boccadutri (Sel), Antonio Castricone (Pd) e Stefania Covello (Pd). Dalla versione definitiva approvata a fine anno scorso è scomparso l’obbligo di aprire partita Iva in Italia per tutti i soggetti che effettuano il servizio di commercio elettronico diretto o indiretto, mentre è rimasto in piedi l’obbligo di partita Iva italiana per chi vende pubblicità online in Italia.
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
In tema di Pubblica amministrazione, Carbone è intervenuto più di recente sulle dichiarazioni dei redditi precompilate e l’iter del testo del Dlgs semplificazioni che concede al ministero dell’Economia la possibilità di stabilire per decreto i termini e le modalità per la trasmissione telematica delle spese che consentono sconti fiscali nel 730. Le commissioni Finanze di Camera e Senato intendono stringere i tempi per il secondo parere al decreto legislativo, una volta che il Governo lo avrà rinviato in Parlamento ed Ernesto Carbone, relatore alla Camera, ha garantito che “si punta a chiudere tutto nel giro di una settimana” per consentire l’emanazione del Dlgs entro la metà di ottobre.
NUOVE PROPOSTE DI LEGGE
La proposta di legge firmata più di recente, si apprende dal sito di Carbone, è quella per estendere la Legge Mancino, in tema di discriminazione razziale, all’omofobia. Ma ce n’è un’altra che Carbone ha firmato che torna sui temi del web: riguarda il divieto di fare pubblicità per i giochi d’azzardo, anche online.
DIFESA DEL (MADE IN) ITALY
Duro contro i presunti padani, Carbone ha attaccato le frasi di Salvini sui migranti e le teorie separatiste del Nord, come ben si conviene a chi oggi è chiamato a stilare programmi per il made in Italy: “Dopo le teorie fantascientifiche sull’indipendenza, la Padania, le tasse e le ampolle (che dubitiamo essere piene di acqua del Po), arrivano le invettive contro l’immigrazione. In occasione della festa dei popoli padani, Salvini rispolvera tutto il peggior repertorio leghista, infarcito di minacce, insulti e becero razzismo”.
RENZIANO DOC
Non fa mistero dunque delle sue posizioni sugli avversari politici, ma, fedele alla linea di Matteo Renzi, il nuovo responsabile del Pd all’innovazione non ha risparmiato qualche puntura nemmeno ai colleghi di partito: “Fa sorridere vedere uno del mio stesso partito dire che Renzi insegue Grillo sulle proposte del finanziamento pubblico. Se Fassina avesse letto il programma di Matteo delle primarie si sarebbe accorto del contrario, è Grillo che ruba e fa sue le nostre proposte”, ha scritto Carbone sul suo sito smontando le accuse secondo cui Renzi prenderebbe spunti dal leader del M5S. “Proposte come quella dell’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti che non sono demagogiche. Ascoltare la gente e interpretare soluzioni praticabili a esigenze legittime non è né populista né demagogico: si chiama politica. Togliere il finanziamento pubblico ai partiti è semplicemente quello che la gente vuole: a sancirlo c’è anche il voto ad un referendum anni fa, ma che è stato puntualmente ignorato. Ma perché Fassina, anziché polemizzare dal palazzo, non sta un po’ di più fra la gente?”
E non manca una frecciata a Pier Luigi Bersani che, intervenuto alla festa Pd a Roma Portuense, si era scagliato contro il doppio incarico di Matteo Renzi: “Il problema non è il segretario premier, ma quello che non è diventato premier”, lo ha freddato Carbone.