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Alessandro Paolantoni (Ucoii): l’Isis è una minaccia per l’Islam

#NotInMyName, (“non nel mio nome”) è l’hashtag con cui un gruppo di musulmani britannici dell’Active Change Foundation hanno reagito al protagonismo mediatico dei terroristi dello Stato Islamico, sottolineando che esiste un Islam moderato che non accetta un’interpretazione radicale del Corano. L’iniziativa si è in breve tempo diffusa sul web, stimolando un’ampio dibattito.

Quale può essere il ruolo, soprattutto culturale, delle comunità islamiche occidentali nella prevenzione e nel contrasto dei gruppi come l’Isis? A spiegarlo in una conversazione con Formiche.net è Alessandro Paolantoni, segretario nazionale dell’Ucoii, l’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia.

Segretario, i giovani musulmani moderati, soprattutto in Occidente a onor del vero, hanno risposto alla propaganda e alla furia dell’IS con una campagna virale sui social network, #NotInMyName. Come commenta questa iniziativa? Può aiutare a non alimentare ulteriori divisioni tra le comunità islamiche di Usa ed Europa e quelle mediorientali?

Le comunità islamiche, soprattutto in Occidente, sentono forte la frustrazione di non riuscire a comunicare una posizione moderata, venendo così assimilati ai violenti e agli estremisti. Ciò dipende soprattutto dal fatto che alcuni organi di stampa preferiscono attribuire all’Islam queste caratteristiche, semplificando e senza sforzarsi di approfondire. Queste campagne possono aiutare a lanciare a veicolare all’intera massa dei musulmani una visione giusta dell’Islam e di come si pone rispetto a questi fenomeni. Lo Stato Islamico è in primo luogo una minaccia per la nostra religione.

Cosa sta facendo l’Ucoii per comunicare questo messaggio di moderazione?

Al di là dei titoli o delle iniziative mediatiche, la settimana scorsa c’è stata una fiaccolata a Milano partecipata sia dalla nostra organizzazione sia da altre realtà non islamiche. Stiamo sensibilizzando gli Imam dei nostri centri a trattare nel sermone del venerdì il tema dell’estremismo e del terrorismo, spiegando che non solo non lo accettiamo. Tutto ciò sta avendo un buon riscontro. Inoltre collaboriamo da tempo con le Forze dell’ordine, ancora prima di questa emergenza, segnalando qualunque attività non ortodossa di cui veniamo a conoscenza in centri e moschee. Isolare chi si comporta in questo modo è un valore aggiunto per la sicurezza dell’intera comunità.

Molti commentatori considerano implicito nell’Islam il concetto di dominio e sopraffazione di persone con credo diversi e che quindi non possano esistere musulmani davvero moderati. Cosa c’è di vero?

Assolutamente niente. Piuttosto è vero il contrario. La nostra dottrina prevede sempre la ricerca e l’adozione di una via mediana. C’è un esplicito versetto del Corano che lo dice, quindi non si tratta di una libera interpretazione, ma di un elemento fondante della fede. il fatto di seguire una via mediana. è elemento fondate della fede.

Da cosa nasce il fenomeno dei foreign fighters, i ragazzi occidentali che lasciano la loro vita per andare a combattere la loro “guerra santa” in Medio Oriente?

Il fenomeno ha diverse origini. In parte deriva da un disagio delle nuove generazioni rispetto a una non perfetta integrazione. Spesso, pur essendo cittadini immigrati anche di seconda o terza generazione, non si sentono pienamente uguali agli altri. Ma soprattutto credo che la propaganda dello Stato Islamico, anche per le modalità in cui avviene, ovvero attraverso un uso molto attento dei social media, faccia facilmente presa su persone deboli o meno attrezzate dal punto di vista culturale, che pensano di trovare attraverso la lotta delle risposte al loro disagio.

Tornando indietro alle radici del conflitto, c’è chi intravede nella pacificazione tra due delle correnti più importanti dell’Islam, sunnismo e sciismo, il vero game changer nella lotta al terrorismo di matrice religiosa. Che ne pensa?

Le frizioni tra sunniti e sciiti nascono all’alba stessa dell’Islam e in passato hanno portato a contrasti duri, sfociati anche in guerre. Tuttavia ritengo che le guerre moderne vengano combattute prevalentemente per motivi economici. Dare loro una motivazione dottrinale è del tutto sbagliato.

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