Il paragone potrebbe suonare azzardato, ma scorrendo le pagine del manuale che prefigura lo Stato islamico ci sono accenti simili a quelli contenuti nel Mein Kampf hitleriano, una sorta di manifesto ideologico che infiamma i combattenti dello Stato Islamico. Pubblicato nel 2004 da un jihadista dal nome di battaglia Abu Bakr Naji, il libro racconta (o auspica?) la fine degli Usa come superpotenza.
IL LIBRO
Tradotto nel 2006 dall’arabo da William McCants, il manuale è una guida spaventosa per la tattica ultra-violenta oggi abbracciata dallo Stato Islamico e dal suo leader, Abu Bakr al-Baghdadi. Una lettura sconvolgente la definisce l’editorialista del Washington Post David Ignatius, anche se trova “positivo” un aspetto: che questo piano di guerra jihadista “stia andando in fumo rapidamente” e a dimostrarlo ci sarebbe il fato che tanta brutalità e di spargimento di sangue sembrano provocare tra i musulmani una reazione opposta. Prova ne è, secondo l’editorialista del quotidiano americano, il fatto che un’ampia coalizione di nazioni musulmane abbiano aderito alla lotta contro lo Stato islamico. Mentre altre, come l’Iran e la Turchia, per ragioni diverse, non affiancano ancora Obama.
INAUDITA FEROCIA
Il manuale, per fortuna, non è un best-seller tra i musulmani. Un esperto di antiterrorismo degli Stati Uniti dice che sembra essere “troppo esoterico” per avere un ampio seguito tra le masse. Ma cosa prescrive? Propone che i jihadisti costringano l’America a rimanere intrappolata in una guerra di cui finirà per diventare “esausta”, fino a rinunciarvi. Questa strategia richiede la polarizzazione del mondo musulmano per attirare a sé anche quei moderati che avevano sperato nella protezione degli Stati Uniti.
LA POTENZA MILITARE
Naji sostiene che se gli Stati Uniti si dovranno prima o poi arrendere militarmente e questo porterà alla loro scomparsa. “La potenza militare schiacciante (armi, tecnologia, i combattenti) – scrive – non ha alcun valore senza la coesione tra le istituzioni e i settori della società”. E teorizza una perdita di reputazione come superpotenza da parte dell’America, che ha dominato il mondo negli ultimi secoli.
IL PIANO
Il piano di guerra di Naji è stato scritto all’indomani dell’invasione americana dell’Afghanistan nel 2001 e di quella in Iraq del 2003. Per l’autore c’è necessità di invischiare sempre più gli Stati Uniti in conflitti in terre musulmane, paragonandoli ad una tigre di carta, affaticata non solo da una lunga guerra nei Paesi arabi, ma anche da problemi sociali in casa propria.
LA VIOLENZA
Per cui, è il successivo passaggio, la chiave per minare il potere americano si ritrova nella violenza cruda, la più scioccante possibile. L’autore nutre anche disprezzo per la “morbidezza” musulmana talvolta presente. “La morbidezza è uno degli elementi di fallimento per qualsiasi azione jihadista” – ha scritto.
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