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Pesc, Mogherini s’ispiri a un sano pragmatismo. I consigli dell’ambasciatore Castellaneta

Federica Mogherini alla guida della PESC è senz’altro un’ottima notizia. Uno dei suoi primi benefici sarà, tra l’altro, quello di scongiurare l’assenza dell’Italia dai tavoli che contano. Come quello sull’Ucraina, che ha fin qui visto riunirsi a Berlino Francia e Germania nei panni dei mediatori con Mosca.

Mogherini, che è una persona grintosa, potrebbe prima di tutto toglierci dagli occhi questo spettacolo poco edificante di “affare in famiglia” franco-tedesco da cui Roma è esclusa pur colpita in pieno dal fuoco incrociato di sanzioni occidentali e contro-sanzioni russe sull’export alimentare. A questo punto, non resta che il rituale delle audizioni parlamentari, un procedimento piuttosto articolato che inizia con risposte scritte al “candidato” per poi proseguire con un discorso e un estenuante botta e risposta davanti al Parlamento.

Un passaggio ricco di insidie, tant’è che vi sfumò la candidatura di Rocco Buttiglione a commissario per la Giustizia nel 2004. Ma dopo la designazione del polacco Tusk alla testa del Consiglio Europeo, con un attento bilanciamento tra interessi euro-meridionali e euro-orientali, i rischi di agguati parlamentari vengono meno e c’è da aspettarsi un percorso in discesa per la nostra Mogherini.

A chi poi ricorda l’evanescente prestazione della baronessa Ashton prima di Federica Mogherini, verrebbe da rispondere che in breve tempo il mondo è molto cambiato, ed è un posto molto più pericoloso e meno monotono. E mai come oggi Roma è la palestra da cui prepararsi a fare i conti con la sequenza destabilizzante che va dal Mediterraneo Occidentale (le antiche Colonne d’Ercole) fino alle piane mesopotamiche e oltre.

È sempre da Roma – e non certo da Berlino né dai fiordi scandinavi – che si può scorgere la preoccupante circolarità della destabilizzazione islamica, ed è da Roma che si possono riconoscere rimedi pragmatici per evitare il dilagare del caos. Il mese di agosto ha non a caso visto il Presidente del Consiglio italiano interrompere le proprie ferie per un blitz in Iraq, e, due giorni fa, telefonare al Cremlino per le tensioni in Ucraina.

Un paio di episodi, apparentemente slegati tra loro, che tuttavia danno il segno di quanto sta avvenendo attorno a noi, e di come siano connessi eventi a molti chilometri di distanza. Mosca, che pochi mesi fa aveva impedito la definitiva polverizzazione del baathismo autocratico di Assad in Siria, sa di giocare un ruolo fondamentale in Medio Oriente ed è ragionevolmente certa che questo le dia parecchi punti bonus nel teatro ucraino, dove la pressione occidentale si sta smorzando e dove gli stessi americani devono derubricare a semplici episodi i “muscolarismi” russi.

Mosca, d’altra parte, sa di fare il lavoro sporco per Washington: quella di Putin è infatti una partita di controbilanciamento di realtà che fino a pochi giorni fa godevano di appoggio americano. Ordine anziché caos, dunque, e pazienza se la democrazia è poca o manca del tutto. Washington stessa, di fronte alla minaccia di uno Stato fondamentalista islamico nel bel mezzo dell’Iraq, ha dovuto mordere il freno. Occorre tuttavia anche evitare di incappare nel rischio opposto, quello di pensare che dopo le scintille regnerà l’amore.

Basta infatti sfogliare i classici del pensiero geopolitico americano per capire che l’America abbia interesse che la UE rimanga separata e in frizione con la Russia per evitare la formazione di un blocco euroasiatico, basato sull’alleanza tra Berlino e Mosca non in divergenza con la Cina, con Londra in asse con Washington per lo stesso motivo. Nonostante questo imperativo profondo, anche Washington negli ultimi tempi ha dovuto fare dolorose ammissioni.

La Turchia ri-islamizzata e de-kemalizzata, un tempo affidabile pontiere tra Asia Centrale ed Europa nonché membro NATO armato fino ai denti, è sì democratica ma ricca di problemi e molto attiva nel sostenere movimenti islamisti lungo la sponda Sud del Mediterraneo. Il Qatar, dinamico e ricchissimo Stato con notevole soft power, è a sua volta sospettato di finanziare l’Isis. I generali egiziani, per lunghi mesi trattati dai media occidentali come aguzzini corrotti affamapopolo, sono ora tra i più affidabili broker nella complessa trattativa di pace israelo-palestinese.

A Federica Mogherini, infine, spetta un compito complesso quanto interessante, ed è bene che alla guida della PESC vada una giovane donna nel cui imprinting le grandi religioni laiche del secolo scorso hanno contato meno che per figure più navigate: davanti a noi si apre molta terra incognita, un mosaico geopolitico in cui è meglio procedere con pragmatismo anziché con ideologie prêt-à-porter.

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