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Lady Pesc è fatta, ora bisogna fare la politica europea. L’analisi del generale Arpino

Davvero un lungo percorso ad ostacoli, quello del nostro ministro degli Esteri Federica Mogherini verso la nomina al vertice della Politica Estera europea. Ma, ormai, è fatta! E’ passata attraverso l’alternarsi di dichiarazioni e contro dichiarazioni, di poco velate allusioni ad un presunta inesperienza nel ruolo, di mercanteggiamenti grossolani e di burocratiche operazioni di bilancino. Quando, ancora il 28 agosto, la strada sembrava ormai spianata, ecco che due tra le più blasonate testate europee, il Financial Times e Le Monde, si mettono pesantemente di traverso, definendo la sua eventuale scelta da parte dei leader “deludente”, se non addirittura “sbagliata”. Venerdì 29 è Angela Merkel a tentare l’ultimo baratto, ma sabato 30, finalmente, la brava Federica riesce a prevalere. Come si merita.

Temporaneo sospiro di sollievo, che, purtroppo per lei, sarà destinato ben presto a tradursi in affanni. Noi ci guadagneremo? In prestigio sicuramente sì, e non è poco. Ma è anche un sacrificio, visto che stiamo consegnando in mani non sinceramente amiche, di fatto rinunciandovi, un ministro competente, agile, efficiente, davvero preparato e con tanta volontà di fare. C’è perfino chi ritiene, anche in casa nostra, che sarebbe stato meglio puntare su una presenza italiana in altri settori critici dell’esecutivo comunitario, dove al momento c’è una più concreta possibilità di pesare su dossier che per noi continuano a restare critici da anni. Ora, però, va dimenticato ciò che è stato ed è necessario dare al nuovo Alto Rappresentante – entrerà in carica il primo novembre – ogni supporto che le consenta di essere propositiva e traente.

Con le innovazioni apportate ai meccanismi della politica estera e di sicurezza dal Trattato di Lisbona, sebbene siano rimaste in parte inapplicate, la nuova Lady Pesc – sempre che le sia consentito di esercitarle in concreto – ha la responsabilità esclusiva per la gestione delle politiche e delle azioni nel campo delle relazioni internazionali, della sicurezza e della difesa dell’Unione Europea. In questo quadro, da lei dipendono anche le missioni militari e civili – generalmente di dimensioni ridotte, ma ormai numerose – che collaborano con i governi nelle aree di crisi. Ancora, nel settore militare si occupa direttamente dell’Eda, ovvero dell’Agenzia per la difesa europea che dovrebbe rappresentare il nucleo centrale di coordinamento delle strategie industriali nazionali. Si tratta, in altre parole, dello strumento creato per consentire quella razionalizzazione della produzione degli armamenti che sia anche in grado di realizzare sostanziose economie di scala.

A questo punto, occorre resistere alla tentazione dei suggerimenti non richiesti. Saprà certamente scegliersi dei consiglieri personali e di gabinetto che abbiano conoscenza ed esperienza non solo nelle questioni più strettamente diplomatiche, ma anche, ad esempio, in quelle dell’energia e della difesa. Ve ne sono di molto bravi e sperimentati, anche in ambito nazionale. L’Alto Rappresentante, infatti, è anche vicepresidente della Commissione, con il compito di vigilare perché le varie politiche di settore si sviluppino e confluiscano nell’alveo della politica estera, di sicurezza e difesa dell’Unione. Quella, in altre parole, che ancora non c’è. Ma che va creata, cercando magari di spostare gradualmente il fuoco dall’attuale approccio burocratico e finanziario. Sarà dura, perché sinora l’Europa è cresciuta così. Sarà un battaglia continua contro l’arroganza, ma Federica Mogherini è forte, giovane, volitiva e può farcela: ha cinque anni di tempo, durante i quali sarà lei a dettare l’agenda del Consiglio affari esteri.

Per procedere, non ha bisogno di autorizzazioni speciali. Dovrà però saper prevalere sulle resistenze per poter esercitare con pienezza il mandato che il Trattato di Lisbona già oggi le assegna.


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