Federica Mogherini conosce perfettamente gli enormi problemi che si troverà ad affrontare come nuova Lady PESC e ritengo anche che non si faccia molte illusioni sulla effettiva disponibilità a cooperare con lei da parte dei governi che la hanno nominata: come già fu per Lady Ashton, essi non hanno voluto un politico troppo forte o dominante, ma hanno cercato qualcuno che potesse essere più incline al compromesso e non si arrabbiasse troppo ad essere scavalcata. Ma questo è quello che sperano: sarà anche quello che otterranno?
La Mogherini è giovane, è donna, non ha una grande esperienza governativa, è beneducata e non sembra portata ad uscite teatrali. Semmai sembra avere il difetto opposto, quello di rispettare a tal punto le diverse sfaccettature di un problema, e la complessità delle decisioni da prendere, da apparire troppo blanda, poco decisionista, in una parola inefficace.
Tutti conosciamo i disastri del decisionismo, per cui questa critica suona ingiusta, tuttavia il problema del nuovo Alto Rappresentante sarà quello di non farsi sommergere dalla diversità delle opinioni e delle posizioni che certamente dovrà ascoltare, e tracciare una linea che non potrà semplicemente essere “mediana”, ma dovrà soprattutto difendere con efficacia gli interessi dell’Europa, magari tagliando via una parte delle complessità: non ignorandole, ma trattandole nel giusto ordine di priorità. E questo è un compito a volte ingrato, facilmente criticabile, ma essenziale.
Eppure la Mogherini, a differenza della precedente Lady PESC, da oltre vent’anni si occupa essenzialmente di politica estera, è ben documentata e difficilmente può essere sorpresa in una condizione di totale ignoranza di un problema e, infine, sembra anche avere una certa dose di testardaggine ed essere pronta a difendere la sua dignità e le sue prerogative. È probabile che queste sue due ultime qualità saranno presto messe alla prova.
Il primo grande errore di lady Ashton, da cui si è ripresa solo in parte e tardi, fu quello di lasciare ad altri l’iniziativa, ministri nazionali, Commissione, eccetera. Potrà sembrare assurdo, ma il mio primo consiglio, non richiesto, è quello di occupare la scena, anche a condizione di “fare ammuina”, ma sempre salvando il principio che, là dove ci sono decisioni da prendere o interventi da organizzare, lady PESC non solo è presente, ma lo è sin dall’inizio.
Per riuscire a far questo, la Mogherini deve avere un ottimo strumento burocratico a sua disposizione, capace di reagire all’istante, e soprattutto organizzato per servire i suoi bisogni e il suo ruolo. Questa è una sfida difficilissima, specie per chi ha poca esperienza di governo e nessuna reale esperienza della immane macchina della Commissione: una vera macinatrice di illusioni. Ed ecco quindi il secondo consiglio, credo inutile, ma tant’è: la chiave è nel Gabinetto dell’Alto Rappresentante che deve essere fedelissimo, ma anche sufficientemente esperto, potente e rispettato dalla euroburocrazia, da riuscire ad usarla ai suoi scopi, e non esserne usato. Anche in questo caso dovrebbe fare meglio del suo predecessore. Il mio consiglio è di cercare di sorprendere, identificando qualche candidato, non italiano, almeno per il posto di vertice, che sia disponibile alla battaglia e burocraticamente esperto e rispettato. Probabilmente non un diplomatico; qui non si tratta di negoziare, ma di prendere l’iniziativa. A negoziare si penserà poi.
Ultimo consiglio non richiesto: la Mogherini dovrà ricordarsi che non è solo il ministro degli Esteri dell’Unione Europea, ma anche quello della Difesa (o della Sicurezza e di quel tanto di Difesa che è nelle competenze e nelle azioni dell’Unione) e che Difesa e Sicurezza sono dossier destinati ad espandersi e rafforzarsi. Questi argomenti, a differenza di quelli di politica estera pura e semplice, non saranno necessariamente molto di giusto del nuovo Alto Rappresentante, ma la realtà è che la politica estera europea è cresciuta soprattutto grazie alle crisi internazionali da gestire, spesso anche con strumenti militari. È questo stato di cose che ha obbligato gli Stati, e la Commissione, a riconoscere la necessità di una gestione unitaria dei dossier internazionali della Commissione: questo è il vero punto di forza dell’Alto Rappresentante. Non solo, ma per quanto i ministeri della Difesa nazionali possano resistere alle sirene europee, essi sono anche perfettamente consapevoli dei loro limiti crescenti e dei compiti sempre più difficili che saranno chiamati a svolgere. La Mogherini potrebbe trovare più alleati alla Difesa che agli Esteri. Ma naturalmente dovrò prima comprenderne le esigenze e il linguaggio, spesso molto diversi da quelli della diplomazia. Un lieve rischio di schizofrenia? Forse, ma se c’è un posto dove dovrebbero essere abituati a gestirla è proprio Bruxelles.