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Renzi al Pd: un’amara delusione!

Il discorso in direzione del Pd del segretario Matteo Renzi è stato euforico ma molto lascivo nella concretezza sul lavoro, l’occupazione e lo sviluppo dell’Italia. In realtà non ha mai pronunciato la parola sviluppo ma ha fatto vagamente riferimento alla crescita. L’impressione era di un provincialotto che tornato dal “viaggio in America” si fosse ulteriormente esaltato a colpi di smart phone. Sul quadro geopolitico mondiale, che ci impone di cambiare, ha forse letto qualche nostra nota su questo tema, ma nella sostanza è rimasto vago finanche nella definizione del ruolo strategico che il suo governo deve aspettarsi dalla Mogherini nell’Ue. Forse su questo punto non ci ha letto. L’unico punto chiarito con certezza inappellabile è che l’euro va salvato ad ogni costo: “abbiamo deciso di rispettare il vincolo del 3% per motivi reputazionali”. Ohibò, la buona reputazione degli schiavi felici! Come ha giustamente notato il prof. Pasquino a caldo, si tratta di un discorso modesto e dal quale non si evincono i mezzi con i quali intenderebbe sostenere le sue politiche. Noi ci limitiamo all’osservazione e lasciamo al Pd di valutarne il senso politico (di sinistra-centro-sinistra).

La giovane età e la tendenza al nichilismo devono aver fatto dimenticare al nostro Renzi che lo Statuto dei Lavoratori del 1970 è arrivato perché il capitalismo italiano era rimasto ancorato, Fiat in testa, al peggior modello dei “padroni delle ferriere”. Un capitalismo statalista, antiquato e repressivo al quale, infine, l’unica risposta era quella giustizialista che ha portato i “padroni” in tribunale. È grave che dopo i recenti fatti indecenti che hanno coinvolto un’ex azienda di stato, l’Ilva di Taranto, provocando un enorme danno sociale e ambientale, il nostro Renzi non si renda per nulla conto della disparità esistente tra chi lavora e chi gestisce le imprese o ne detenga anche il capitale. Si capisce che Renzi non ha mai lavorato nella realtà economica, nelle fabbriche e nelle imprese. Ancor più terribile è che il nostro Renzi si sia esaltato a Detroit con l’amico Marchionne che ha portato la Fiat fuori dall’Italia per ricevere i sussidi statali di Obama (e ridurre il contributo fiscale in Italia) e che ha persino lasciato la Confindustria italiana. Renzi, almeno un po’ di pudore patriottico!

Quanto al tema del contendere, l’art 18, è evidente che si tratta di una false flag. Il vero tema non è la libertà di licenziare, che già c’è finanche nell’amministrazione pubblica, ma l’adesione supina e indecente ai dettami che il neoliberismo americano ha imposto all’Europa. Renzi, non ce lo chiede l’Europa ma l’America! Una parte dell’establishment tedesco – la politica, i sindacati, e qualche altro apparato pubblico – sono essi stessi soggiogati o figli del bacio mortale americano. Così non è per significativi e importanti raggruppamenti industriali e finanziari tedeschi che detestano la Merkel e il suo governo, pensano che l’Ue stia sbagliando tutto e che le sanzioni alla Russia saranno un bagno di sangue per la Germania come per l’Europa. A questi signori teutonici fanno eco vari movimenti e gruppi politici in tutta Europa. La Germania sa benissimo che senza la Francia il progetto di “Stati Uniti d’Europa”, un progetto tutto americano e malamente confezionato dal Trattato di Maastricht con la moneta unica, non potrà più esistere. La pressione americana sui loro fedeli teutonici è stata enorme perché si riconciliassero con l’Ue, e il progetto di Kissinger, Brzezinski e Rockefeller di creare un conglomerato economico-finanziario euro-dollaro-yen per il governo mondiale. Ma è la Francia che da segni di rivolta! D’altra parte, la Russia di Putin aspetta che il progetto europeo collassi e quindi si possa realizzare nel suo pieno splendore l’unione eurasiatica. Questo spiega l’orribile apparizione della guerra in Europa, l’Ucraina, e dei taglia teste sedicenti islamisti in Medio Oriente. Ma di questo forse Renzi deve essere poco a conoscenza, oppure mente sapendo di mentire.

La vera questione è che il suo partito, caro Renzi, insieme a quell’accozzaglia di partiti che formano il PSE non ha coesione ideale, culturale, antropologica e politica. Non bastano le “immagini”, a lei tanto care, con le camice bianco fiore. Qui ci vuole la politica e lei, ancora una volta, ha deluso le aspettative. Nonostante le citazioni poetiche da lei fatte, non abbiamo affatto sentito parole politiche. Nonostante la gravità della situazione lei continua a propinarci favole e promesse. Nonostante l’imminenza del giogo della Troika, che altro non è che la rappresentazione ultima della ferocia del neoliberismo, da lei non abbiamo sentito neppure un programma politico-industriale. Su una cosa concordo con lei: i leader della così detta sinistra del Pd hanno perso legittimità. La prima volta ai tempi del Pds che all’inizio degli anni ’90 si piegò alla ricetta di Maastricht senza fiatare, e la seconda, alla fine degli anni ’90, con i bombardamenti “umanitari” in Serbia, eseguiti con orgoglio. Tralascio le ignobili trame di palazzo che hanno portato alla fine del governo di centro-sinistra del 1998 e alla definitiva privatizzazione dell’Italia. Da questi vecchi leader, e non è una questione d’anagrafe, non si possono ricevere più lezioni di sorta.

Ricordiamoci le parole di Bettino Craxi già in esilio ad Hammamet: “l’Europa sarà per noi nella migliore delle ipotesi un limbo e nella peggiore un inferno”.


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