Che succede a Palazzo Chigi? Tutto bene, si direbbe leggendo l’intervista che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha concesso al Sole 24 Ore. Le idee su articolo 18, bonus e privatizzazioni sono chiare. La direzione di marcia su pubblica amministrazione e scuola anche. Eppure, non solo per i dati Istat su pil, consumi e disoccupazione, a Palazzo Chigi s’ode qualche trambusto di troppo.
E non per quel rimpasto da taluno agognato visto che si deve sostituire prossimamente il ministro degli Esteri Federica Mogherini, nel frattempo nominata Lady Pesc. Pare che non ci sarà nessun giro di valzer ministeriali. Infatti il premier è intenzionato a nominare ministro il vice della Mogherini, Lapo Pistelli, vecchia conoscenza di Renzi. In questo modo, però, si frustrano le ambizioni di qualcuno. Nel valzer di poltrone puntava, secondo gli spifferi che giungono da ambienti governativi, anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, non più nelle grazie del premier secondo le persistenti indiscrezioni di Palazzo.
Una soluzione potrebbe essere quella di una candidatura Delrio per la successione a Vasco Errani alla presidenza della regione Emilia Romagna. Alcuni sindaci, come quello di Sant’Ilario, invocano l’ipotesi di Delrio magari per evitare una lotta fratricida coma quella che si sta avviando fra il renziano doc Matteo Richetti e il renziano dell’ultima ora Stefano Bonaccini (consigliata la lettura di Pierluigi Magnaschi sul voto in Emilia Romagna). Prospettiva che potrebbe sedurre lo stesso Delrio, secondo quando emerge da un articolo di Ugo Magri sulla Stampa: “Ormai conto meno di Verdini”, avrebbe sbuffato il sottosegretario con alcuni collaboratori.
Non è l’unico trambusto che agita Palazzo Chigi. C’è anche la presenza sempre più pervasiva di Luca Lotti, vero braccio destro del premier ormai, e non solo perché ha la delega all’editoria; ci sono i mugugni per i modi spicci e super operativi di Antonella Manzione, nuovo capo del fondamentale Dagl (Dipartimento affari giuridici e legislativi) per i rapporti con gli altri ministeri. E sullo sfondo ci sono le stilettate sempre più incalzanti e livorose da un lato di Pierluigi Bersani e dall’altro di Massimo D’Alema. Il cuore delle critiche sta nel doppio cappello indossato da Renzi: primo ministro e segretario del Pd. Il secondo cappello è di troppo, secondo Bersani e D’Alema, e non solo secondo loro. Ma senza quel cappello Renzi rischierebbe – sibilino gli ultra renziani – rischierebbe di perdere la poltrona di Palazzo Chigi.