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Renzi, poteri forti e pensiero debole

I poteri forti sono dunque contro Matteo Renzi? Pare che la vulgata renziana sia questa. Una vulgata ideata proprio nelle ore in cui il premier – dopo aver abbracciato Sergio Marchionne a Detroit – partecipava al matrimonio dell’amico e manager di fiducia Marco Carrai, che ovviamente per amicizia ha donato per anni l’uso di una sua abitazione nel centro di Firenze all’ex sindaco di Firenze, come squadernato mesi fa dal quotidiano Libero.

Chi c’era con Renzi al matrimonio del renzianissimo Carrai? Ecco qualche nome. Non poteva mancare il finanziere più renziano che ci sia, ovvero Davide Serra, fondatore del fondo Algebris, che pure su Twitter non si risparmia in renzismo immaginifico. Ma il mondo della finanza non era rappresentato solo da Serra. C’era ad esempio l’amministratore delegato di Mps, Fabrizio Viola, ma non il presidente Alessandro Profumo. C’era Marco Morelli di Bofa Merrill Lynch e due banchieri di peso come Gian Maria Gros Pietro, presidente del consiglio di gestione di Intesa, e Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit e presidente di Aiscat, l’associazione delle concessionarie autostradali.

Per restare in ambito bancario, c’erano altre personalità non troppo note al grande pubblico ma con un ruolo rilevante nella rete di relazioni del segretario del Pd: il responsabile delle Casse del centro Italia di Banca Intesa, Luciano Nebbia, e il presidente dell’Ente Cassa di risparmio di Firenze, Umberto Tombari, maestro tra l’altro di Maria Elena Boschi (qui un ritratto informato di Tombari). L’elezione di Tombari rappresenta uno degli ultimi successi delle operazioni seguite dal renziano Carrai, che da tempo mirava ai vertici della fondazione, azionista di Intesa; un modo per condizionare il futuro, e l’uscita, di Giovanni Bazoli, presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa.

A completare il quadro delle presenze al matrimonio di Carrai, c’è da segnalare il finanziere milanese Francesco Micheli, l’ambasciatore Usa in Italia, John Phillips, il presidente di Telecom, Giuseppe Recchi, già alla presidenza dell’Eni, e Alberto Bianchi, tesoriere delle fondazioni che fanno riferimento a Renzi e che il premier con il Tesoro ha nominato nel cda di Enel.

Spiccava pure un ex uomo del gruppo Fiat, come Paolo Fresco, da tempo ritenuto vicino a Renzi, come d’altronde l’ex Bce, Lorenzo Bini Smaghi, in pessimi rapporti con Mario Draghi e marito dell’economista Veronica de Romaniis, da poco consigliere di Palazzo Chigi con Renzi. E, udite udite, c’era anche Paolo Mieli.

Ma i nomi fanno gossip e poca sostanza. Vero. Però anche la sostanza sconfessa la vulgata dei renziani che accredita una ostilità verso Renzi da parte dei (presunti) poteri forti. In attesa di identificare con chiarezza questi poteri forti (de Bortoli?, Passera, Della Valle, Camusso?), alcuni dei recenti provvedimenti del governo che hanno fatto imbestialire ambientalisti anti capitalisti in servizio permanente effettivo di certo non sono stati accolti con fastidio da settori imprenditoriali.

E’ il caso ad esempio di alcune norme contenute del decreto Sblocca Italia che sono state salutate con favore dal mondo delle costruzioni, non solo da big come Francesco Gaetano Caltagirone (che oggi in un’intervista al Corriere della Sera sottolinea i meriti di Renzi) ma anche delle piccole e medie imprese del comparto, oltre che dei gruppi della telefonia per snellire alcune procedure farraginose.

Anche gli istituti di credito, che pure – almeno i maggiori gruppi – hanno subito l’offensiva renziana sulla tassazione delle plusvalenze per la rivalutazione del capitale della Banca d’Italia, nelle norme in fieri del Jobs Act, e in particolare nell’emendamento della maggioranza approvato dal governo che prevede la possibilità del demansionamento, scorgono una utile procedura in vista della gestione di ulteriori esuberi che Prometeia in uno studio di pochi giorni fa ha stimato in circa 12mila.

Anche su Repubblica, nel commento odierno dell’economista Tito Boeri che ripropone le sue consuete tesi sulle fondazioni bancarie, si sostiene che Renzi in verità sul credito sta dalla parte dei potenti uomini delle fondazioni. L’economista e fondatore della Voce.info indica anche nelle concessionarie autostradali, e in alcune proroghe ottenute, le aziende che non possono non essere contente dell’azione del governo Renzi, come ha criticato anche il Corriere della Sera con un articolo di Sergio Rizzo.

Pure un’altra innovazione del governo Renzi, l’introduzione del voto plurimo nelle assemblee societarie, ha un effetto indiretto ritenuto positivo per i vertici dei grandi gruppi italiani, contribuendo a congelarne il controllo, come ha evidenziato un’analisi di Frontis Governance.

Per non parlare, infine, degli affettuosi regalucci di Stato all’editoria cartacea (qui un pezzo emblematico e riepilogativo).

Poteri forti o pensiero debole?


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