di Roberta Galeotti
La riforma del governo Renzi sulla Pubblica Amministrazione e il taglio del 50% dei rappresentanti sindacali ha sollevato la protesta dei sindacati di categoria.
«Il blocco degli stipendi voluto dal governo Monti nel 2010, per alcuni settori in particolare del pubblico impiego, rappresenta un danno enorme alla comunità e necessita un intervento di modifica immediato – espone al Capoluogo.it Massimo Battaglia, segretario generale Federazione CONF.Sal-Unsa, che rappresenta il 13 % dei dipendenti pubblici italiani, in particolare i dipendenti dei ministeri -.
L’Unsa rappresenta il quarto sindacato in Italia nel settore del pubblico impiego, il primo in alcune amministrazioni pubbliche come il ministero di Grazia e Giustizia o il Ministero degli Esteri, nelle ramificazioni del territorio nazionale ed estero, attraverso le ambasciate ed i consolati.
«La riforma della Pubblica Amministrazione, voluta dal Ministro Madia e dal premier Renzi – spiega Battaglia -, non solo è stata immaginata senza il supporto tecnico dei sindacati di categoria, ma non rappresenta alcun passo avanti nè verso la spending review, nè verso la razionalizzazione della macchina pubblica. La tanto ostentata mobilità forzata entro i 50 chilometri, ad esempio, è un provvedimento da ‘vetrina’ che fa presa su chi non conosce la P.A.; chi conosce la pubblica amministrazione sa che sarà un’azione inutile. Immaginare un dipendente in esubero nel tribunale di Rieti, per fare un esempio, e cercare un ente pubblico entro i 50 chilometri che non abbia personale in soprannumero è praticamente impossibile.
Come l’esempio di Rieti potrei portarne molti altri. Il taglio del 50% ai sindacati rappresenta una grande limitazione alla democrazia e, contemporaneamente, allontana il governo dal mondo del lavoro. Il ministro ha incontrato una sola volta i sindacato e il premier Renzi mai.
Il ministro Brunetta 4 anni fa aveva ridotto le stesse agibilità del 15%, quindi mi domando quale democrazia in europa possa ridurre del 60 % la propria rappresentatività sindacale.
Il sindacato non è solo della piazza – aggiunge il segretario generale -, quando é stato chiamato a dare il suo contributo, ha rappresentato un pezzo importante al fianco dello Stato e non contro. La riforma concreta del lavoro sarebbe mettere al centro chi lavora nella P. A. e la conosce.
Questa riforma sta attuando dei tagli lineari alla pubblica amministrazione che non tengono conto del merito e della produttività di singoli settori od operatori. L’Italia resta il fanalino di coda delle riforme e per i suoi dipendenti statali è come un datore di lavora che umilia e maltratta i suoi dipendenti. Per questo l’11 ottobre faremo una grande protesta per il mancato rinnovo dei contratti.
Se si fosse voluto incidere con un provvedimento efficace sulla spesa delle P.A. si sarebbero dovute vietare o limitare al minimo le consulenze che rappresentano una spesa di oltre 3 miliardi l’anno; che sono incarichi fiduciari diretti e che non difendono la meritocrazia, non passando per una selezione pubblica.
Le forze dell’ordine, in particolare quelle di polizia – spiega il segretario Battaglia -, sono danneggiate dal blocco stipendiale, non potendo contare nemmeno sul passaggio di fascia economica. Il ministro Alfano dovrebbe sbloccare il vincolo degli stipendi fermo al 2010 per permettere gli scatti e i passaggi di fascia economica». Lo sblocco delle forze di polizia rappresenta una spesa complessiva di un solo miliardo, quindi la copertura economica ci sarebbe.
«Invito tutti i dipendenti pubblici – conclude Battaglia – a unirsi alla grande manifestazione nazionale a Roma, in piazza SS Apostoli, sabato 11 ottobre alle 10:00, per chiedere ascolto al governo e per far inserire nella prossima Legge di Stabilità la soluzione politica ed economica al dramma del blocco dei contratti e degli stipendi».