Da Parigi rimbalza la voce che entro la fine dell’anno la Grecia andrà ancora sui mercati con un’altra emissione di titoli di stato a sette anni. Inoltre non ci saranno problemi con il deficit di finanziamento. Tutte buone notizie? Per nulla. Secondo le previsioni nel Paese la disoccupazione resterà al 27% anche nel 2015 e tra 12 mesi si aprirà ufficialmente la crisi dei fondi pensione: mancano le coperture, come ha certificato uno studio dell’Istituto del Lavoro della Confederazione Generale del Lavoro greco.
Il prossimo anno, quindi, il sistema pensionistico ellenico potrebbe fare boom e si renderanno necessarie altre misure (ma chi pagherà?) a causa di una serie di fattori: i pochissimi finanziamenti statali passati da 16,4 miliardi del 2012 agli 8,6 per il triennio 2015-2018; il dato della disoccupazione che nella migliore delle ipotesi resterà stabile e quindi ancora grave; l’aumento dei nuovi pensionati passati da 40.000 nel 2009 a 100.000 all’anno dopo il 2010. A ciò si aggiunga che le riserve di liquidità dei fondi si sono già ridotte da 26 miliardi di euro nel 2009 a 4,5 miliardi l’anno scorso.
Abbastanza per aprire un dibattito, franco e approfondito, sul caso ellenico, scomparso dai radar dell’agenda europea, scavalcato dalle crisi in Medio Oriente e in Ucraina. Ma non per questo risolto dalla bacchetta magica della troika.
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