Quello alle porte è il week-end di Chianciano Terme, il fine settimana della tradizionale festa dell’Udc che quest’anno cambia nome. La tre giorni nella cittadina toscana è stata ribattezzata Costituente popolare in nome di quel progetto di riunificazione dell’area popolare in cui il partito centrista ha sempre creduto. Di questo progetto, e delle difficoltà per realizzarlo, Formiche.net parla con il presidente dell’Udc Gianpiero D’Alia.
Presidente, qual è il significato di questo cambio di nome?
Dopo le Europee, riteniamo sia necessario lavorare con maggiore intensità alla costruzione di una nuova offerta politica che abbracci tutta l’area popolare e possa dare rappresentanza politica unitaria a milioni di cittadini che ora votano partiti divisi.
Non crede che ci saranno malumori e resistenze da parte di chi è affezionato all’identità storica dell’Udc e dello Scudo crociato?
Il problema non sono le resistenze. Alla chiusura della festa dell’Unità di Bologna, sul palco erano presenti tutti i leader dei partiti socialisti europei. La stessa cosa potrebbe essere replicata anche con i leader del Ppe? Io non credo. Per questo dobbiamo creare un legame indissolubile fra i partiti nazionali e quelli europei.
A che punto è la Costituente popolare?
La costituzione dell’intergruppo è stato un atto di buona volontà, una sorta di club service parlamentare. Ma ci vuole qualcosa di più concreto. La politica è fatta di partiti. Per risolvere il tema dell’area popolare in Italia, bisogna imprimere una forte accelerazione con gruppi unici e successivamente un partito unico.
Perché ha scelto di rifiutare un ruolo nel direttivo della Costituente popolare per dedicarsi al partito, come ha annunciato su Twitter?
Noi dell’Udc abbiamo cercato per molti anni di costruire qualcosa che andasse oltre i confini di un singolo partito. Il terzo polo prima, poi il partito della Nazione e ancora l’unione dei moderati attorno a Mario Monti. Oggi però ci troviamo ad aprire una festa con tanti militanti a cui non possiamo ripetere lo stesso ritornello. Abbiamo il dovere di dire che stiamo portando avanti un progetto con grandi difficoltà e in un’area fortemente divisa per motivazioni di carattere personale. Di certo non possiamo più permetterci di fallire. Fino a quando non ci sarà un unico gruppo parlamentare e un unico soggetto politico fortemente rinnovato, che nasca dallo scioglimento dei precedenti partiti, non intendo abbandonare l’impegno politico e organizzativo a servizio dell’Udc, che mi ha eletto Presidente all’unanimità.
A cosa sono dovute a suo avviso tutte queste difficoltà?
Le difficoltà nascono dalla crisi del berlusconismo. Fino a quando Silvio Berlusconi era in grande spolvero, erano tutti felici e uniti. Con il venire meno della sua forza, sono aumentate le divisioni come dimostra la scissione tra Fi e Ncd. Noi dell’Udc abbiamo chiuso la porta al Pdl per costruire una nuova offerta politica dei moderati. Ora non dipende da noi ma dagli amici di Ncd voler andare avanti sul serio o recitare solo i soliti riti.
Il dialogo con Forza Italia è possibile? Le Regionali si avvicinano…
Io penso che occorra dialogare con Forza Italia, a partire dai territori. Ci sono delle regioni come in Emilia-Romagna dove tutte le forze di centrodestra sono all’opposizione della sinistra. Il percorso verso l’alleanza quindi sarà più naturale e mi auguro sia un viatico per una successiva intesa a livello nazionale.