Da che parte sta il Qatar nella guerra all’Isis? Il potente emiro al-Thani oggi sarà a Downing Street per colloqui con il primo ministro David Cameron, ma la sua è una posizione altamente strategica viste le “proprietà” in Europa (Harrod’s e Shard). Secondo un recente report della Cia il Qatar avrebbe sostenuto in passato gruppi islamici con un certo numero di importanti imprenditori qatarioti che avrebbero convogliato fondi ai militanti Isil: gli stessi militanti che il regime del Qatar si suppone voglia combattere.
QUI LONDRA
Il piccolo emirato del Golfo è oggi un significativo partner energetico-economico-militare della Gran Bretagna, così come un importante investitore e partner di cooperazione militare. Da un lato Cameron spera di attrarre ulteriori investimenti miliardari da parte di una realtà che già registra importanti partecipazioni nella vecchia Europa: tra gli altri, da segnalare i magazzini Harrod’s di Londra, il network televisivo al-Jazeera fino alla squadra di calcio francese Paris Saint Germain.
QUI DOHA
Sui terroristi islamici che combattono in Siria e in Iraq (su cui si registra l’allarme di possibili attacchi alle scuole occidentali) la posizione ufficiale del Qatar è che Doha è un fedele alleato della coalizione militare guidata dagli Stati Uniti. In questo risiede la ragione per cui la stragrande maggioranza dei raid aerei della coalizione contro obiettivi Isil sono coordinati da al-Udeid, una base aerea in Qatar. Inoltre l’Emirato sta fornendo molte delle strutture di formazione per l’esercito siriano libero, la milizia alleata dell’Occidente nel conflitto per rovesciare il regime siriano del presidente Bashar al-Assad.
QUI WASHINGTON
Inoltre Doha vanta uno strettissimo rapporto di intelligence-sharing con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti al fine di combattere i gruppi terroristici islamici. Per cui per molti versi il sostegno del Qatar allo sforzo militare contro Isil può essere visto come una estensione della sua partecipazione attiva in altri recenti sforzi militari occidentali nella regione. Non va dimenticato che piccole forze armate del Qatar hanno dato un contributo significativo alla campagna 2011 per rovesciare il dittatore libico Muammar Gheddafi, contribuendo a formare i gruppi ribelli.
DUBBI
Nonostante le incoraggianti premesse permangono alcuni dubbi fra gli analisti circa la posizione ufficiosa di Doha. Una certa inclinazione pro gruppi radicali islamici è affiorata sin da 2009, quando, per protestare contro un’incursione militare di Israele contro gli estremisti di Hamas a Gaza, Doha ha rotto i suoi legami commerciali con Tel Aviv. Un discorso che investe non solo il Qatar ma anche la peculiare posizione degli ayatollah.
CASO LIBIA
In occasione della deposizione di Gheddafi sembra che Doha abbia sostenuto attivamente alcuni dei gruppi islamisti intransigenti implicati nell’omicidio dell’ambasciatore americano Christopher Stevens nel 2012. Ma le accuse maggiori sono state avanzate da Washington circa il presunto finanziamento ai militanti Isil da parte di facoltosi imprenditori qatarioti. Il caso più significativo avrebbe coinvolto una donazione di due milioni di dollari partiti da un conto qatariota alla volita di un comandante dell’Isis.
STRATEGIA
Ecco che a questo punto la contingente realtà della lotta all’Isis, legata all’esigenza di larghe intese internazionali, non potrà prescindere da una serie di valutazioni nel merito che certamente saranno esaminate con attenzione prima, durante e dopo il vertice di Downing Street. Il punto all’interno di questa complessa videnda geopolitica verte non solo il fatto che gli Usa stanno per diventare il primo produttore di petrolio liquido al mondo, scavalcando l’Arabia Saudita (come da stime dell’International energy agency) ma anche le strategie dell’Isis impegnata a vendere petrolio finanche ai suoi avversari. Senza dimenticare il “capello” relativo alla sicurezza nell’area mediterranea e mediorientale, che la Nato dovrà assicurare in un’ottica di macro cooperazione.
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