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La ristrutturazione del debito pubblico non è una bestemmia economica

In un recentissimo working paper pubblicato dal prestigioso istituto di ricerca americano National Bureau of Economic Research (NBER) gli economisti Carmen Reinhart e Christoph Trebesch mostrano come la ristrutturazione del debito sovrano effettuata da Paesi in crisi costituisca un’efficace, ancorché estrema, soluzione per tornare sul sentiero della crescita e dell’occupazione.

I due economisti quantificano il sollievo determinato del default e della ristrutturazione del debito in due periodi: 1979-2010 e 1920-1939, quest’ultimo per documentare il pesante carico di debito creato dalla riparazione delle spese di guerra della prima Guerra Mondiale. John Maynard Keynes aveva affrontato questo stesso problema e la conferenza di Bretton Woods del 1944 ha evitato che la storia si ripetesse anche dopo la seconda Guerra Mondiale.

Reinhart e Trebesch esaminano la performance economica dei Paesi debitori durante e dopo la ristrutturazione, considerando il PIL reale, il debito pubblico, il merito di credito dello Stato, il peso del debito sul PIL, le entrate fiscali e le esportazioni. Nelle 45 crisi che documentano, il 21% ha colpito i Paesi avanzati nel periodo 1920-1939 e il 16% i Paesi emergenti nel periodo 1979-2010. Dopo che la polvere si è posata e l’ordine è stato ristabilito in questi paesi, si osservano vigore nella crescita, ripresa dell’occupazione, minore spesa pubblica e una dinamica più contenuta per il debito pubblico nei decenni successivi, anche per via del limitato accesso al mercato dei capitali.

Carmen Reinhart, economista cubana di formazione statunistense, insegna a Harvard e ha scritto, insieme a Kenneth Rogoff, un libro di grande spessore sulla storia delle crisi finanziarie, per ricordare che niente cambia e tutto si ripete; la crisi subprime non è stata un esempio unico, ma la ripetizione di un copione noto. Christoph Trebesch è un professore tedesco dell’istituto tedesco CESifo che si occupa di crisi sovrane, in particolare quella greca e di politica delle crisi.

L’eccessivo indebitamento di Italia, Francia, Giappone, Grecia, Portogallo, Irlanda, Islanda, e la stagnazione economica che colpisce alcune di queste economie, rendono l’analisi di Reinhart e Trebesch di grande interesse e attualità. La stagnazione giapponese continua ormai dagli anni ’90, alcune organizzazioni internazionali, come il Fondo Monetario, non parlano neanche più;

Italia, Grecia e Portogallo hanno performance economiche disastrose. Alcuni economisti italiani invocano l’abbandono dell’euro per salvare il Paese; ma questo sarebbe inefficace senza una forte ristrutturazione del debito pubblico che grava sulle spalle delle generazioni future che non godranno della generosa spesa pubblica del passato.

Il paper è scaricabile da qui 

 

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