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Ecco come il Financial Times si allarma per l’avanzata cinese in Europa

C’è un supermercato sempre aperto per accogliere la grande liquidità di Pechino: l’Europa. Approfittando della perdurante crisi economica che attanaglia il Vecchio Continente, gli investitori cinesi hanno deciso di conquistare, attraverso fusioni e acquisizioni, i mercati nostrani.
Mire che nei primi sei mesi del 2014 hanno riguardato soprattutto Roma, dove si sono concentrati quasi 3,5 miliardi di euro di investimenti.

ALLA CONQUISTA DEI PIIGS

L’espansionismo della Repubblica Popolare in Europa – scrive il britannico Financial Times – è ormai una realtà e si è a poco a poco spostato da economie più in salute, come quella del Regno Unito, a quelle dei Paesi periferici in difficoltà, come Spagna, Portogallo e per l’appunto l’Italia. Come ampiamente riportato da Formiche.net, Pechino strizza con sempre più vigore l’occhio alla Penisola, con grandi manovre che si concentrano spesso su reti e infrastrutture, spesso strategiche. Prima Ansaldo Energia. Poi l’ingresso in Cdp Reti che possiede le quote di controllo di Snam e presto anche di Terna. Quindi i dossier aperti su Ansaldo Breda ed Sts. Le ipotesi al vaglio per il secondo fondo di F2i che dividono le banche azioniste della sgr partecipata dalla Cassa depositi e prestiti. E ora anche l’interesse (diretto o indiretto) per la rete di fibra ottica di Metroweb, alla quale punta anche Telecom.

I NUMERI DELLA CRESCITA

Solo nel 2010, spiega il quotidiano finanziario inglese, lo stock totale di investimenti diretti cinesi nell’Unione europea era appena oltre i 6,1 miliardi di euro. Ma entro la fine del 2012, secondo dati raccolti da Deutsche Bank, lo stock di investimenti di Pechino era già quadruplicato arrivando a quasi 27 miliardi. Numeri destinati a crescere ancora nel prossimo decennio e non in modo casuale. Dopo il calo di “spesa”, in atto ci sarebbe una vera e propria trasformazione del modello di investimento estero della Repubblica Popolare, alla ricerca di nuovi e fruttuosi mercati.

CARATTERISTICHE E OSTACOLI

Un’agenzia di consulenza come il Rhodium Group e il think tank conservatore Heritage Foundation hanno evidenziato come Pechino abbia spostato molti dei suoi investimenti da aree in via di sviluppo come l’Africa a regioni “mature” come l’Europa. A trainare questa presenza sono essenzialmente i grandi monopoli di Stato nel settore energetico, delle telecomunicazioni, dei trasporti e della finanza. Anche le aziende private cinesi stanno agevolando questa transizione: sempre DB ha svelato come dal 2011 al 2013 fusioni e acquisizioni condotte nel Vecchio Continente da imprese private di Pechino siano salite al 30% del totale, un balzo molto alto rispetto al 4% dei tre anni precedenti. Tuttavia non sono sempre rose e fiori. A rendere talvolta difficili i rapporti tra gli investitori cinesi e l’Europa, rimarca il FT, c’è non solo una maggiore burocrazia e conquiste sociali sconosciute oltre Muraglia, ma anche la poco disponibilità del Vecchio Continente a condividere con Pechino il top della sua tecnologia, che è quello che per molti analisti interessa davvero alla Repubblica Popolare.

GLI ULTIMI ACQUISTI (NON SOLO IN EUROPA)

Nonostante ciò, lo shopping cinese continua in quasi tutti i settori. In quello turistico, proprio in queste ore il cda di Club Med ha dato il via libera all’opa lanciata dalla cordata Gaillon II controllata dalla cinese Fosun, che ha rilanciato rispetto all’offerta presentata dall’imprenditore italiano Andrea Bonomi.
E anche negli Usa, Pechino centra un nuovo, importantissimo affare. La prestigiosa catena alberghiera Hilton, racconta Bloomberg, ha ceduto il celebre hotel Walford Astoria su Park Avenue a New York per 1,95 miliardi di dollari alla società cinese Anbang Insurance Group.
Spiccioli se si considera che, come riporta Il Sole 24 Ore, negli ultimi 14 anni, secondo Rhodium, gli investimenti privati dalla Cina hanno messo insieme 869 acquisizioni e quasi 39,8 miliardi di dollari in tutti i settori dell’industria americana.

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