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Paolo Gentiloni, ecco le idee amerikane del nuovo ministro degli Esteri

Paolo Gentiloni è il nuovo titolare della Farnesina. Il deputato del Pd, già ministro delle Comunicazioni nel secondo governo Prodi (2006-2008), sostituirà Federica Mogherini, volata a Bruxelles per ricoprire l’incarico di Alto rappresentante della politica estera dell’Unione.

Componente della commissione Affari esteri di Montecitorio, Gentiloni è tra le altre cose presidente della sezione Italia-Stati Uniti dell’Unione Interparlamentare. Un incarico che non può passare in secondo piano se si analizza cosa cambierà adesso con questo avvicendamento.

L’UNIONE INTERPARLAMENTARE

Attualmente l’Unione interparlamentare (nata nel 1889 e che ha avuto recentemente anche una presidenza italiana, quella di Pier Ferdinando Casini), si legge sul sito della Cameraè un’organizzazione internazionale che riunisce i rappresentanti dei Parlamenti democraticamente eletti dei Paesi del mondo e costituisce un foro di concertazione parlamentare, con l’obiettivo di sostenere la pace e la cooperazione tra i popoli e rafforzare le istituzioni parlamentari“. In questa sede Gentiloni ha finora curato da vicino le relazioni politiche tra Roma e Washington.

COSA CAMBIA ALLA FARNESINA

Come ha scritto Claudio Cerasa del Foglio, “se il profilo di Mogherini era figlio anche di un vecchio modo tipico della cultura dei Ds di intendere la politica estera (equidistanza, sia con Israele e la Palestina, sia con l’America e la Russia), con Gentiloni la Farnesina torna a essere molto più americana e molto più filo israeliana“.

Chi da tempo lo conosce e lavora con lui – conferma L’Internazionale diretto da Giovanni De Mauro -, descrive Gentiloni come un convinto atlantista, con rapporti molto solidi con i democratici americani e con i blairiani del New Labour, di posizioni marcatamente filo-americane e molto vicino a Israele.

POSIZIONI E IDEE

Non bisogna faticare poi molto per scovare in Rete le opinioni del nuovo titolare della Farnesina su tutti i dossier esteri più caldi del momento, a cominciare dall’avanzata dei terroristi dell’Isis. Cattolico (la sua provenienza politica è dalla Margherita al fianco di Francesco Rutelli, di cui è stato portavoce quando quest’ultimo era sindaco di Roma), Gentiloni non nasconde su Twitter il suo sostegno alle minoranze perseguitate e ai peshmerga (“Grazie ai combattenti curdi Kobane resiste. L’Isis non è invincibile se cresce il sostegno internazionale ai curdi“), a favore dei quali immagina un incremento degli aiuti italiani.

In un commento scritto su Europa lo scorso 23 settembre, in piena sintonia con Barack Obama, Gentiloni aggiunge che bisogna “dare all’azione della coalizione“, contro il Califfato di al-Baghdadi, “un respiro strategico e una dimensione non solo militare. Per evitare il rimpallo di accuse (voi europei siete teneri con Teheran, e voi americani siete acritici con l’Arabia saudita e con il Qatar), e scongiurare il ripetersi di abbagli ed errori compiuti negli ultimi anni nella regione“.

Nei confronti di Tripoli, il neoministro auspica un maggiore impegno internazionale (“tutti sanno che lo scenario libico è fuori controllo, nessuno si è ancora posto il problema di come affrontarlo“. “Non possiamo assistere impotenti alla fine della Libia. Una gigantesca terra di nessuno a poche ore dalle nostre coste”.

Il Ttip, il trattato di libero scambio commerciale tra le due sponde dell’Atlantico, è invece per Gentiloni “uno dei punti da tenere in cima all’agenda della presidenza italiana dell’unione, almeno per impedire la paralisi del negoziato“.


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