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Tutti i fallimenti dell’Europa su Ebola

L’emergenza Ebola e le condizioni disastrose in cui versano i sistemi sanitari dei paesi africani obbligano la nuova Commissione Europea  ad accendere i riflettori sulle politiche di aiuto allo sviluppo della UE. Pochi sono informati che l’Europa spende ogni anno un enorme fiume di denaro per la cooperazione con i paesi più poveri. L’Unione Europea (Commissione e Stati membri) è il maggiore donatore al mondo (55,80% dell’ODA mondiale), superando gli stessi Stati Uniti. Ma solo gli addetti ai lavori sanno che questi soldi sono spesi malissimo, che gli interventi per la sanità sono il fanalino di coda e che l’Europa non ha rispettato le priorità assunte per raggiungere gli obiettivi per il millennio (MDG’s 2015), in particolare proprio nell’ambito del diritto alla salute.

Da anni insieme a Valeria Fargion svolgo ricerche in questo settore, ma non è per fare pubblicità alle riflessioni estremamente critiche che emergono dalla nostra indagine sugli interventi della UE nei 48 paesi dell’Africa Sub-Sahariana che scrivo questo pezzo (chi volesse può trovare in rete un nostro contributo dal titolo più che significativo (clicca qui per leggerlo). Non ce n’è bisogno, perché è la stessa Commissione Europea a denunciare il proprio fallimento. Già in documenti ufficiali del 2011-12 ( in particolare la cosiddetta “Agenda for change”) la Commissione ammette che la politica di coooperazione non funziona, soprattutto a causa della sua eccessiva dispersione geografica e settoriale: manca cioè la capacità di individuare delle priorità strategiche su cui concentrare l’intervento, così come manca largamente il coordinamento con l’azione portata avanti dagli Stati membri. La verità è che – al di là dei recenti tentativi di correggere la rotta – la UE fa un po’ di tutto dappertutto senza incidere il modo significativo. Per chi avesse dubbi basta un dato: la Commissione finanzia più di 45.000 progetti!

In occasione del vertice dei Ministri UE per la cooperazione allo sviluppo riuniti a Firenze il 15 luglio scorso abbiamo segnalato direttamente al Vice Ministro Lapo Pistelli – proprio richiamando i primi segnali che arrivavano dall’Africa in merito all’Ebola – l’urgenza di mettere la sanità al centro dell’agenda europea dello sviluppo, ma il nostro appello è caduto nel vuoto! Ora qualcosa si sta muovendo. Due giorni fa gli organizzatori del World Health Summit  hanno deciso di promuovere nell’ambito dell’incontro annuale che si terrà a Berlino dal 19 al 22 ottobre – sotto l’Alto patronato di Angela Merkel e di Francois Hollande – un simposio speciale dal titolo inequivocabile: “Ebola: A Wake-Up Call for Global Health”. Questa sessione speciale è organizzata dal Ministero degli Esteri tedesco insieme  a quello della Sanità. Ma non basta; è l’Europa intera che deve darsi una mossa. Quel poco che resta del semestre di Presidenza Italiana è l’occasione giusta per “prendere il toro per le corna”. Il Consiglio Europeo di dicembre ha il dovere di assumere una decisone politica: nei prossimi anni almeno il 20% degli aiuti allo sviluppo della UE deve  essere dedicato alla sanità in Africa.

Il paradosso è che il rafforzamento dei sistemi sanitari africani si presenta come una straordinaria opportunità perché la UE si doti finalmente di  una politica di cooperazione  degna di questo nome. Che senso ha investire nel settore dei lavori pubblici dove i paesi emergenti (Cina, ecc.) sono molto più competitivi? È utile intervenire in campo agroalimentare quando da anni un conflitto di interessi – difficilmente conciliabile – oppone i paesi europei ai PVS? E ancora: a fronte dello storico “divide” tra zone anglofone e francofone dell’Africa  è realistico immaginare una politica europea coerente nel settore dell’istruzione di base? La nostra proposta (che dal 2011 abbiamo presentato in numerose conferenze internazionali) è  porre al centro della politica europea dello sviluppo il rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali dei paesi africani, cogliendo le straordinarie opportunità offerte dalla rivoluzione sanitaria digitale.

L’Europa è prima al mondo  nella produzione di tecnologie mediche avanzate (E-Health, Telemedicina, ecc.). E – a differenza degli Stati Uniti – l’Europa ha una grande esperienza nella gestione di Sistemi Sanitari Nazionali ad impronta universalistica.  Questo mix di know-how tecnologico e di capacità istituzionale-organizzativa è essenziale per dare all’Africa sistemi sanitari nazionali degni di questo nome. Questa strategia consente, inoltre,  di far uscire dal ghetto la cooperazione allo sviluppo, collegandola direttamente alle politiche di crescita e di innovazione tecnologica.  Nei paesi poveri e nelle aree di conflitto  la sanità è inoltre tema di “High Politics”.

Nella sanità si sviluppano spesso efficaci Confidence Building Measures (CBM), sia in ambito civile che militare così come la Health Diplomacy è uno strumento sempre più usato per l’avvio di processi di dialogo,  riconciliazione e mitigazione dei conflitti.  Di fronte a una opinione pubblica europea sempre più ostile verso ciò che sta fuori dalla fortezza Europa, l’Eurobarometro segnala  che l’unico settore delle politiche di sviluppo indicato tra le prime tre priorità  è quello della sanità.

L’Africa è alle nostre porte e non può non essere una priorità per l’Europa. Non è più solo un problema di solidarietà umanitaria e/o di cooperazione allo sviluppo, la posta in gioco è anche un’ altra: si chiama sicurezza nazionale per l’Italia e per tutti gli altri paesi europei.



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