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Tutti i dubbi (europei) sul Montenegro nell’Ue

I report della Commissione europea hanno ancora un valore oggettivo? Stando al caso del Montenegro parrebbe di no, con una relazione fortemente critica verso lo stato che aspira a fare ingresso nell’Ue ma ciononostante con le porte aperte probabilmente già nel 2019. Il Paese è guidato da Milo Djukanovic, in passato accusato dalle procure di Bari e Napoli di contrabbando di sigarette per 700 milioni di euro.

Oggi spulciando il Montenegro Report 2014 si apprende che nel Paese c’è più di un’ombra sulla violazione dei diritti degli investitori stranieri, su una libertà di stampa travagliata, su un sistema giudiziario corrotto, su elezioni ad alto rischio brogli. Ma si tratta di dati che inspiegabilmente fanno propendere la Commissione europea per un giudizio globale più che positivo sul Paese. Ci sono gli estremi per interrogarsi sulla schizofrenia analitica delle istituzioni comunitarie?

Verosimilmente a cavallo fra il 2019 e il 2020 il Montenegro sarà il primo membro Ue tra tutti i candidati a riuscire nell’impresa, sostengono fonti comunitarie, ma sullo sfondo pesano i casi spinosi relativi ad alcuni affari non proprio trasparenti. È il caso della Ceac, una società di alluminio di proprietà dell’oligarca russo Oleg Deripask che ha presentato una richiesta di arbitrato per 600 milioni di euro contro il Montenegro dopo “un’interferenza illecita” con il suo investimento da parte del governo.

Dal canto suo l’Italia, primo investitore straniero nell’economia montenegrina, si è occupata negli ultimi anni di intensificare l’attivismo nel settore energetico con la presenza di A2A, che ha acquisito il 44% di EPCG per 436 mln nel 2009; e Terna SpA ha acquisito il 22% in CGES per 34 mln nel 2011. Quest’ultima inoltre prevede di costruire un cavo sottomarino per esportare energia elettrica dal Montenegro verso l’Italia. Costo del progetto oltre € 1 miliardo.

Ma al netto della legittima strategia di imprese e imprenditori, che fanno il proprio lavoro ovvero il business, ciò che lascia perplessi è la doppia faccia dei report europei: a parole diagnosticano oggettivi passi indietro nella sfera dei diritti, nell’infrastruttura dello Stato in questione, nella gestione di situazioni a cavallo fra Stati e società. Ma in seguito non ne tengono conto all’interno della valutazione generale che di quei dati dovrebbe essere figlia.

twitter@FDepalo



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