La doppia svendita del nostro presidente del consiglio, Matteo Renzi, è di far cassa con la cessione di importanti quote nelle partecipate del tesoro alla Cina (oltre 3 miliardi) e la cessione del resto alle multinazionali americane (Ttip: “il rapporto con gli Usa, valoriale, culturale, ma anche commerciale, è un’assoluta priorità”). C’è da chiedersi chi altri, tranne Renzi e Squinzi, abbia deciso che il Ttip “fa bene” all’Italia. Ma qualcuno da qualche parte lo ha deciso all’insaputa degli italiani. Ricordiamoci che la nostra adulata Mogherini ha detto nella sua audizione europea che “il Ttip non è solo un accordo commerciale ma ha un valore strategico”. Il Financial Times, che non è ostile al libero mercato, titolava subdolamente che “la Cina s’infiltra in Italia”. Diversamente dalla Germania che ha rafforzato il proprio ruolo di principale controparte cinese in Europa con una serie di 52 protocolli commerciali che ruotano su settori chiave e sul principio di investimenti stranieri diretti (FDI) in entrambi i paesi, l’Italia di Renzi vende e basta. La manipolazione dell’informazione è tale che ciò si presenta come un grande risultato del governo che avrebbe attratto investimenti stranieri in Italia. Così non è. Infatti, la doppia svendita di Renzi non porta investimenti nuovi ma cede solo quote di business esistenti. Inoltre, sul piano strategico, la doppia svendita operata da Renzi mette l’Italia in una delicatissima posizione che, con buona probabilità, si trasformerà in un ring tra Usa e Cina, a nostre spese. L’illusionismo non paga ma costerà caro!
Ma che cosa ci si può aspettare da una generazione di così detti giovani, tanto bravi perché tanto accreditati accademicamente, che hanno preso per vere le “verità” del 1993. Quell’anno è cambiata la storia dell’Occidente, ma i nostri giovani nichilisti, non conoscendo quella precedente, non lo sanno. Il 31 marzo 1993 gli Usa, capitanati da Bill Clinton che era coadiuvato da persone di razza come la Albright e Holbrooke, ottennero dal Consiglio di Sicurezza la risoluzione 816 che imponeva la “no fly zone” sulla Bosnia in ragione di “violazioni accertate”. Tra quella data e il 1999 è stato un crescendo di azioni militari americane e della Nato, che culminarono con l’ignobile bombardamento di Belgrado. Dal 1995, grazie agli accordi di Dayton, è nata la Bosnia Herzegovina indipendente. Da allora l’Ue e la Nato hanno allevato generazioni di esperti in risoluzione dei conflitti e relazioni internazionali che hanno sistematicamente giustificato quegli eventi oltre a credere che la “storia era loro”. Non sanno nulla e hanno capito assai poco! Infatti, le recenti elezioni in Bosnia Herzegovina, un paese reso disfunzionale proprio dagli accordi di Dayton, hanno riconfermato la situazione del 1990: “Hanno vinto i partiti nazionalisti“, sintetizzano i corrispondenti stranieri. Gli abitanti, di fronte a un voto molto polarizzato e che in effetti ha premiato gli stessi partiti identitari delle prime elezioni libere del paese, quelle che avrebbero poi portato alla guerra, sanno benissimo che con le bombe spacciate per “interventi umanitari” non si costruisce la democrazia e la pace. I vari esperti che si annidano nei così detti think tank di Bruxelles, tutti cresciuti sull’onda della normalizzazione del pensiero imposto a Dayton, tacciono. Non c’è che dire: un altro successone delle politiche di vicinato dell’Ue!
Già, ma adesso gli esperti sono impegnati a giustificare l’accordo di libero scambio transatlantico (Ttip), i risultati delle “primavere arabe”, le sanzioni “umanitarie” alla Russia e i recenti bombardamenti “democratici” in Siria e Iraq. Con la Mogherini in resta ne sentiremo delle belle.
Che squallore!