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Jobs Act e articolo 18, canta che ti passa?

“Non credevo più di incontrarti, ma il destino fa che le cose accadono”. Così “attacca” Charles Aznavour in una sua celebre canzone, ma nessuno si è ricordato di citarlo.

Nell’incontro a Palazzo Chigi, svolto alle otto di mattina del 7 ottobre, governo e sindacati si sono “beccati” intonando altro. Se Susanna Camusso, ironizzando sui tempi della riunione, aveva sussurrato “Un’ora sola ti vorrei”, scritta nel 1938, ma recentemente riproposta da Giorgia, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan aveva replicato con “Quattro minuti” del rapper Mondo Marcio.

il premier Matteo Renzi, per non essere da meno, ha usato invece le parole di Edoardo Bennato: “Una settimana, un giorno, solamente un’ora a volte vale una vita intera…”. Motivo dell’incontro: l’esame della legge delega sul lavoro che l’indomani sarebbe stata approvata a larga maggioranza al Senato.

Ma quella che pareva come l’inizio di una gara canora, è finita con i partecipanti che si sono ritrovati esclusivamente concordi sulla data del prossimo appuntamento tra loro, ovvero il prossimo 27 ottobre. Due giorni dopo, infatti, è previsto il giudizio della Commissione europea sulla Legge di Stabilità e sullo stato dei nostri conti pubblici.

Per il resto ognuno ha cantato fuori dal coro. La segretaria Camusso ha ribadito il giudizio negativo sul “Jobs act” e ha confermato la manifestazione nazionale della Cgil in piazza San Giovanni a Roma il 25 ottobre. La segretaria Furlan ha apprezzato l’avvio del dialogo e ha confermato la mobilitazione territoriale della Cisl per il 18 ottobre. Il segretario Angeletti, a nome della Uil, ha colto, in quel poco più di un’ora trascorsa in comune, una valenza più politica che sostanziale.

Il premier Renzi, addirittura, ha parlato di sorprendenti punti di intesa. Insomma, ognuno ha continuato a suonare il proprio spartito. L’elemento di certezza è che il maxiemendamento approvato al Senato l’8 ottobre non contiene alcun riferimento all’articolo 18 e il medesimo articolo non sarà menzionato nemmeno nel testo della Legge delega che sarà approvata, dopo il passaggio alla Camera, a novembre. Le norme che riguardano l’articolo all’origine di tanto “marketing” verranno riscritte nei decreti delegati del governo non prima di giugno del prossimo anno.

Nei decreti attuativi la stretta sarà sul reintegro obbligatorio per motivi economici, che la riforma Fornero non aveva eliminato del tutto, e su quello per motivi di natura disciplinare. “Resterà – come scrive Giuseppe del Vecchio su “Lettera 35” – alla fine, il reintegro per motivi discriminatori e per quelli disciplinari particolarmente gravi, mentre per tutti gli altri è previsto un indennizzo crescente in base all’anzianità di servizio”.

A quest’ultimo riguardo, l’ammontare del risarcimento sarà di grande importanza per la tutela del lavoratore, ma al momento questo montante non è stabilito. Quindi, ha ragione chi, nella Sala verde di Palazzo Chigi, ha colto il valore simbolico dell’incontro, perché tale è soprattutto il livello degli argomenti messi sul tavolo. Per rilanciare crescita ed occupazione ci vogliono investimenti pubblici e privati rivolti all’industria e alle infrastrutture collegate. E finchè queste cose concrete non accadranno, la musica rimarrà la stessa, con disoccupazione elevata, bassa crescita, inflazione in caduta libera.

Antonello Di Mario, Direttore di Fabbrica Società


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