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Iraq, fosse comuni in Anbar e il rischio Ashura

Sono state rinvenute fosse comuni nella zona dell’Anbar, la provincia dell’Iraq occidentale che dal confine con la Giordania si estende fino a Baghdad: è questo il succo di un rapporto di Human Right Watch.

I corpi, ancora non numerati definitivamente, ma si tratta di una cifra tra gli 80 e i 220, apparterrebbero a tribù sunnite locali, che si sono rifiutate di collaborare con lo Stato Islamico. In particolare, molti sarebbero del clan Al Bu Nimr, che si è schierato con il governo nella lotta al Califfato. L’esecutivo attuale, guidato dallo sciita teoricamente moderato Haydar al- Abadi, è considerato dallo Stato Islamico alla stregua di quello precedente di Maliki: sullo sfondo la violenza settaria tra i due rami dell’Islam da cui prendono aria molte delle azioni dell’IS, ma che anche da parte sciita non è mancata. Khalifa Ibrahim considerata gli sciiti dei miscredenti, e per questo non degni di vivere: allo stesso modo, chi collabora con loro, seppur sunniti, è considerato un traditore.

Le vittime ritrovate nelle fosse, in due punti diversi della provincia, sono tutte di sesso maschile e si pensa siano state uccise proprio dagli uomini dell’IS. Diversi avevano gli occhi bendati e le mani legate: si pensa possano essere riconducibili a quello che è stato ripreso in un video apparso in rete in questi giorni.

Le esecuzioni di massa sono utilizzate dal Califfo per intimorire i propri avversari: in questo caso, l’uccisione di membri di tribù sunnite che collaboravano con il governo iracheno, e con la Coalizione internazionale, è un chiaro avvertimento. La strategia portata avanti dal generale Petraus nel 2006-2007, il Sunni Awekening, ai tempi dell’invasione dell’Iraq, si basava proprio nell’avvicinamento delle istanze sunnite: gli americani erano riusciti a costruirsi la fiducia tra i clan locali, che si ribellarono alla presenza di al-Qaeda in Iraq – “La Base”, ai tempi, fu quasi cancellata dal Paese. Il presidente Obama ha richiamato il generale John Allen, uno dei bracci operativi di Petraues, per rimodulare la lotta al Califfo anche in questa direzione, dopo che il settarismo di Maliki aveva portato le culture irachene non sciite ad essere emarginate dalla società: presupposto, apripista, per l’avanzata dell’IS.

Martin Dempsey, attuale capo di stato maggiore della Difesa americana, ha commentato il ritrovamento dei corpi proponendo l’invio di advisor militari statunitensi nella provincia e suggerendo al governo iracheno di armare i sunniti che si ribellano al Califfo.

È stato sottolineato più volte come per sconfiggere lo Stato Islamico, serva il sostegno di queste potentissime realtà locali: influenti politicamente, come militarmente. Serve che siano gli stessi sunniti a ribellarsi alle brutalità del Califfo. Per farlo è necessario che le tribù ritrovino la fiducia nel governo centrale: ma è complicato. Nelle settimane scorse, ci sono state denunce delle organizzazioni umanitarie, su orrori commessi dalle milizie sciite irachene, filo governative (e filo iraniane), ai danni di civili sunniti, accusati di aver collaborato con l’IS. Circostanza non certo pacificatrice, e che riporta indietro – nuovamente – agli anni in cui le azioni terroristiche di Abu Musab al-Zarqawi (capo di Al-Qaeda in Iraq, AQI) contro gli sciiti, avevano portato il paese ad un passo dalla guerra civile.

Martedì 4 novembre, mentre in America si voterà per le elezioni di mid term, milioni di sciiti in Iraq (e in Iran, Libano, Bahrein, Pakistan, Afghanistan e India) reciteranno l’affermazione del proprio credo religioso – “Yah, Hussein” – durante la festa dell’Ashura, la celebrazione della Battaglia di Karbala in cui, nella notte tra il 9 e il 10 ottobre del 680, fu assassinato Hussein ibn Ali, nipote di Maometto. L’evento è considerata come l’innesco della separazione tra sunniti e sciiti, e dunque della divisione dell’Islam: sacro per i secondi, odiato dai primi.

Il Califfo Baghdadi ha già annunciato che sara «un bagno di sangue». Il rischio è che possa puntare verso Kerabala e Najaf, città sacre sciite, attaccandole senza condizioni: circostanza che, a quel punto, porterebbe il conflitto su un ulteriore livello di brutalità – praticamente incontrollabile, visto il contesto.

@danemblog

 

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