Skip to main content

Chi è Fabrizio Pezzani, l’economista non turbo liberista della Leopolda Blu

Accademici e ricercatori sono una delle realtà chiamate ad arricchire di contenuti la prima tappa della “Leopolda Blu”: l’iniziativa “Sveglia Centro-destra”, promossa da un’eterogenea costellazione di associazioni e movimenti giovanili dell’universo liberal-conservatore per rifondare e rilanciare un’alternativa vincente al Partito democratico.

BOCCONIANO DOC

Tra gli studiosi che interverranno al Circolo Filologico di Milano spicca Fabrizio Pezzani, professore di Economia e Management delle amministrazioni pubbliche presso l’Università Bocconi di Milano.

Laureato in Economia e Commercio nell’ateneo di Parma, ha insegnato nella città emiliana e a Trento oltre a ricoprire il ruolo di visiting professor ad Harvard.

È membro di importanti organizzazioni come l’Accademia italiana di Economia aziendale e la Società italiana di Storia della ragioneria, il Comitato scientifico nazionale di Legautonomie e dell’European Centre for Public Affairs di Bruxelles, la Fondazione Cari-Parma e il Comitato editoriale delle riviste “Azienda Pubblica” ed “Economia & Management”.

LO SGUARDO RIVOLTO ALL’EFFICIENZA DELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE 

Le aree di interesse scientifico privilegiate riguardano i sistemi di pianificazione e controllo nelle pubbliche amministrazioni, le relazioni fra imprese e burocrazia, il rapporto tra enti locali e servizi pubblici.

Lo conferma la sua attività pubblicistica focalizzata sulla governance delle Regioni, la responsabilità dell’apparato statale, la trasparenza nella gestione delle realtà territoriali.

Il libro edito nel 2008, “Patto di lucidità: come avvicinare istituzioni e paese reale”, illustra il profondo legame tra ruolo della Pa, controllo della spesa, fiscalità, competitività dei territori, processi di liberalizzazione,  governo e regolazione dei mercati. E spiega come la mancata individuazione di un limpido modello di Stato federale ha provocato seri squilibri bloccando l’efficacia delle politiche di riforma.

UNO STUDIOSO ANTI-LIBERISTA

Tuttavia il testo che prefigura un’analisi e un orizzonte ben distinti rispetto all’impronta liberista che ispira gli animatori di “Sveglia Centro-destra” risale al 2013.

È tutta un’altra storia. Ritornare all’uomo e all’economia reale” contesta radicalmente il prevalere dell’economia sulla società affermato negli ultimi 30 anni.

Un orientamento che ha finito per vincolare la stessa sfera produttiva – “l’economia reale” – ai mercati finanziari. Un liberismo privo di etica, rimarca lo studioso, che fa vincere il più forte e crea una società di disuguali: “Lo rivela la deriva oligarchica in atto negli Stati Uniti, vicina al tracollo per il rifiuto della solidarietà e sussidiarietà”.

ECONOMIA UMANISTICA

La crisi, scrive il professore della Bocconi, ha segnato il fallimento di tale paradigma: “E i recenti errori compiuti dalla Troika – Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e Commissione Ue – sui debiti sovrani dell’Euro-zona provano il fallimento di teorie e scelte deleterie che incidono drammaticamente sulla vita delle persone”.

La strada da intraprendere, osserva Pezzani, è “riportare l’uomo al ruolo di soggetto e non di oggetto, e riscoprire che il vero motore della storia è la sua natura emozionale”. Contro una globalizzazione individualista che genera “ricchezza senza paesi e paesi senza ricchezza” riscoprire il valore dell’eguaglianza è una necessità.

Perché una buona società, espressa da valori improntati alla fraternità e al rispetto reciproci, è requisito essenziale per una buona economia. È in questa ottica che si disegnano i contorni di un nuovo “umanesimo”. Riflessioni che l’economista sviluppa in una serie di articoli scritti su Panorama tra gennaio e aprile 2014.

L’ILLUSIONE DELLA FINANZA

Il punto di partenza è lo scoppio della bolla speculativa sui mercati finanziari. Frutto, rileva lo studioso, dell’attribuzione all’economia di un ruolo taumaturgico di tutti i mali sociali: “Non si guadagna per vivere bene, ma si vive per guadagnare il più possibile, in un’irresponsabile confusione tra mezzi e fini che arriva a giustificare comportamenti illeciti”.

Strumento e perno di un fenomeno del genere è la finanza, che ha offerto a tutti l’illusione di potere vivere in un mondo magico, potendosi arricchire facilmente e in breve tempo. Così l’economia da solida è divenuta liquida, “in un gioco di ombre, di luci e di specchi governato dai croupier del gioco d’azzardo e non dalla razionalità dei mercati”.

La ricchezza sempre più auto-referenziale e affrancata dalla sovranità politica nazionale finisce per orientare le scelte di governo degli Stati. Un potere privo di responsabilità morale e non controllato dal rispetto della persona comporta per l’economista “la distruzione dell’umano in senso assoluto”.

LA COLPA DEGLI ECONOMISTI

Nel secondo intervento il bersaglio critico è la pretesa dell’economia di costituire una scienza esatta. “Altro che approccio razionale ai mercati finanziari, illusione opportunistica e infondata. L’effetto è una crescente povertà mondiale che mina la tenuta dei sistemi sociali”.

Un modello culturale che avrebbe dovuto assicurare benessere diffuso ha generato il contrario: “concentrazione di ricchezza senza precedenti nella storia, drammatica povertà a tutti i livelli, degrado morale e spirituale, individualismo e conflittualità permanente”.

A giudizio di Pezzani la responsabilità fondamentale appartiene a economisti, accademici e premi che hanno preferito coltivare “relazioni tossiche con la finanza e la politica”. Lo studioso non cita i loro nomi, ma è fin troppo evidente il riferimento al filone neo-liberista favorevole alla completa apertura dei mercati di capitali.

UN DIVARIO SPAVENTOSO

Ritornare all’economia reale per ricostruire i fondamenti etici di un capitalismo distrutto dalla finanza è l’urgenza prospettata nella terza analisi svolta sul settimanale Mondadori. Per illustrare i risultati del modello egemone fin dagli anni Ottanta, il docente della Bocconi fornisce cifre emblematiche.

Le 85 persone più ricche al mondo detengono un patrimonio pari a quello di 3,5 miliardi di individui, la metà della popolazione del pianeta. Negli Usa il guadagno dell’1 per cento dei più ricchi è equivalente al 40 per cento del reddito nazionale: un americano su sei ha bisogno di un buono pasto, la povertà è tornata ai livelli del 1963.

Le 5 famiglie più abbienti della Gran Bretagna hanno un patrimonio equivalente a quello del 20 per cento più povero del paese. E in Italia il 5 per cento dei redditi più elevati è pari al 22,7 per cento del totale, mentre il 10 per cento delle famiglie possiede il 46,6 per cento della ricchezza.

UNA NUOVA STAGIONE?

L’affermarsi della finanza come verità incontrovertibile, osserva lo studioso, ha accelerato i processi di concentrazione della ricchezza spolpando il tessuto produttivo e sociale fino al collasso.

Adesso però l’opinione pubblica ha maturato la consapevolezza che “l’economia reale e sociale non può essere un’ancella della finanza”.

È ora di cambiare paradigma, conclude l’accademico. Chissà se e quanto le sue formulazioni faranno breccia nel cuore della “Leopolda Blu”.


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter