Dopo il ritorno degli Usa in Irak per arginare l’ascesa dell’Isis, la politica americana nel Paese torna ad essere terreno di scontro a causa delle anticipazioni di un libro di memorie di Leon Panetta, in uscita in questi giorni.
LA VERSIONE DI PANETTA
Vicino a Bill Clinton, ma scelto da Barack Obama prima come capo della Cia dal febbraio 2009 all’aprile 2011 e poi ministro della Difesa dal luglio 2011 al febbraio del 2013, nel suo “Worthy Fights” (Battaglie meritevoli) Panetta punta il dito contro i consiglieri del presidente democratico che a suo dire avrebbero sabotato ogni possibilità di negoziare con il governo la permanenza nel Paese, oltre il 2011, di quelle poche truppe che avrebbero evitato che sul territorio di Baghdad si acuisse la tensione tra sunniti e sciiti.
LA STRATEGIA ERRATA
Panetta ricorda come davanti alle resistenze dell’allora premier iracheno Nouri al-Maliki, Washinton non usò l’unica leva utile che egli stesso consigliò, quella di annunciare a Baghdad il mancato finanziamento dei miliardi di dollari di aiuti per la ricostruzione.
AMARE CONSEGUENZE
“Il mio timore, come espressi al presidente e ad altri – si legge nell’excerpt pubblicato dal Time – era che se il Paese si fosse diviso o fosse nuovamente scivolato nella violenza che avevamo visto negli anni immediatamente successivi all’invasione Usa, sarebbe potuto diventare un nuovo rifugio per i terroristi che volevano organizzare attacchi contro gli Stati Uniti”.
Paure che per l’ex ministro della Difesa si sono poi palesate nella violenza del califfato di al-Baghdadi.