Dopo le minacciose parole di Renzi e Cameron a Bruxelles e di quelle già dettate da Parigi, la tecnocrazia europea sta avendo ragione dei sui aspri critici. Perché?
Certo non è per particolare convinzione europeista né per l’impossibilità di agire come dei governi sovrani né per paura delle ritorsioni sanzionatorie o economiche che una sferzata ai burocrati e tecnocrati promette di avere. Il problema è più profondo.
Il problema è l’Europa! In essa si è entrati con vari artifici ma da essa è difficile liberarsi. Gli artifici risalgono alla storia della costruzione europea mentre le difficoltà risiedono nell’ambiguità che con Maastricht e Lisbona si è creata tra le alte burocrazie nazionali e le tecnocrazie europee. Insomma, l’Europa dei sogni – quella federalista e dei popoli dei ragazzi di Ventotene – non è mai stata realizzata proprio per l’opposizione delle burocrazie nazionali e delle tecnocrazie europee (che dei popoli hanno un discreto ribrezzo). Al suo posto abbiamo una parziale confederazione di stati, cioè di apparati, che trovano utile l’esistenza della tecnocrazia europea – costa solo 138 miliardi di euro, meno dell’1% dei Pil europei cumulati – per giustificare la propria incapacità a governare in senso nazionale (non ho scritto nazionalista, che è altro). Il tutto è avvolto nel manto europeista, esaltato o critico, che permette di avere un’assemblea parlamentare eletta attraverso regole di un’incoerenza mostruosa e quasi totalmente inutile. Quindi, l’Europa non esiste, gli stati membri sono conniventi del fallimentare progetto di Unione europea, i popoli europei sono un ossimoro che ha sostituito la vera identità europea che da più di 4 secoli è solo nazionale. Il paravento europeo conviene a tutti, o no?
Bruxelles è una gigantesca “Leopolda” per l’Europa. Esclusi i Belgi che c’erano da prima e qualche sparuto soggetto dal pensiero libero, tutti gli altri “europeisti” sono qui perché ricevono direttamente o indirettamente il “dividendo” europeista. Poi c’è pure chi si affanna a campare organizzando delle “Leopolda” europeiste nazionali per essere più realisti del re. Sulla giostra possono salire solo i diversi gradi di grigiore europeista. Tutti gli altri, denominati con feroce arroganza “populisti”, sono esclusi. Insomma, l’insieme del discorso sull’Europa è una giostra sulla quale chi vi sale ha solo un interesse particolare, cioè “il dividendo”. È triste, ma così va il mondo!
Vista dal resto del mondo – Usa, Cina, India, Russia e taluni paesi arabi o dell’America Latina – si resta confusi e imbarazzati dal comportamento e dalla mentalità dei giostrai e dei pupi europeisti. La vecchia Europa non si vede più, eppure aveva fatto, nel bene e nel male, la storia mondiale dal ‘500 fino al 1918. Nessun rimpianto, sia ben inteso, per le scorribande conquistatorie e neppure per l’ordine mondiale che le potenze europee imposero al resto del mondo. Però, nonostante ciò, tutti volevano essere “europei”. Oggi ci si interroga basiti rispetto ai popoli europei ridotti a comparse votanti, alle nazioni evaporate, e a un progetto europeo di cui non si capisce né l’aspirazione né la direzione. L’unica cosa che è chiara è che Unione europea significa, in concreto, Nato e potenza americana. Dell’Europa non c’è più traccia.
Mentre i nostri “europeisti” si autocompiacciono delle loro “Leopolda”, vi invito ad avere la pazienza di ascoltare una lezione di quasi 90 minuti. La storia più che le chiacchiere effimere spiega meglio di ogni altra cosa che cos’è l’Europa oggi e che cosa può diventare. Buona visione (e ascolto).
Poi, per gli audaci, consiglio la lettura dell’utile articolo “Alla fine sarà Berlino a uscire dall’Euro“.