Non ci sarebbero solo stranezze e disparità di trattamento negli stress test condotti dalla Bce, ma anche veri e propri errori che hanno riguardato anche una banca italiana come il Monte dei Paschi di Siena.
A riferirlo è il Wall Street Journal, che racconta come Francoforte abbia dovuto rimuovere dal suo sito, per un breve lasso di tempo, i risultati dell’istituto di credito italiano, dopo aver scoperto un errore nel key capital ratio. Problematiche che non incidono sul risultato dell’esame, ma che appesantiscono il clima nella banca senese, che dopo la notizia del deficit di capitale di 2,1 miliardi, ha visto il suo titolo chiudere la seduta di ieri con un ribasso del 21,5%, vedendo svanire 1,1 miliardi di capitalizzazione, scendendo a un minimo storico di 0,7735 euro.
IL COMUNICATO DELLA BANCA
La banca, così come altri addetti ai lavori, punta l’indice contro le modalità del Comprehensive Assessment studiato dall’Eurotower, evidenziando in un comunicato che “il risultato dell’esercizio applicato alla Banca – che ha da poco intrapreso il percorso di ristrutturazione approvato dalla Commissione Europea – è stato penalizzato dalle modalità di svolgimento del CA”. Il Monte ritiene infatti di aver “confermato la solidità della struttura patrimoniale” e di essere risultata deficitaria solo nello “scenario avverso” dello stress test al 2016.
I RILIEVI DEL FATTO
Nonostante né Fabrizio Viola né Alessandro Profumo, rispettivamente ad e presidente di Mps, abbiano commentato l’esito dell’esame, nella nota di Rocca Salimbeni si rintracciano sintomi di irritazione, come scrive Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano di oggi. È lungo, infatti, l’elenco delle obiezioni poste dal Monte ai criteri della Bce “che risultano maggiormente sintomatici dell’approccio adottato”. E così i 2,1 miliardi di ricapitalizzazione imposti – riporta Meletti – derivano da regole dello stress test “che peraltro si discostano in misura significativa da quelle applicate dalla Commissione europea nel valutare il piano di ristrutturazione approvato dalla medesima”, undici mesi fa. E aver trascurato la possibilità di non restituire allo Stato 750 milioni di Monti Bond residui e tenerseli come capitale aggiuntivo è giudicato “estremamente penalizzante”, conclude il giornalista del Fatto.
PENALIZZATA L’ECONOMIA REALE?
La sensazione, evidenzia Il Sole 24 Ore, è che “gli stress test della Bce raggiungono un risultato quasi paradossale: se da un lato sono stati eseguiti per rafforzare le banche in modo da permettere loro di tornare a erogare credito, dall’altro penalizzano proprio quelle che più si sforzano di sostenere le imprese“, scrivono Morya Longo e Fabio Pavesi. Per il quotidiano economico e finanziario, l’equazione è semplice: “Se l’Italia esce sconfitta rispetto ad altri Paesi (come la Germania, ndr), è anche (non solo, ovvio) per questo: le nostre banche hanno la “colpa” di essere troppo esposte su un’economia reale che si deteriora”. Perché i parametri su cui sono stati tarati gli stress test, a giudicare dai risultati, “sembrano battere più duro sull’economia reale che sulla finanza”.
Mentre “i crediti verso la clientela sono pari al 56,3% del totale attivo per le principali banche italiane”, le banche tedesche e francesi “sono piene zeppe di derivati”, rileva Il Sole.
“Quando la Bce e l’Eba hanno immaginato lo scenario avverso su cui testare la sopportazione dei bilanci bancari, hanno ipotizzato un marcato calo del Pil (-6,1% per l’Italia nel triennio 2014-2016, -7,6% per la Germania e -6% per la Francia), un aumento della disoccupazione, un drastico calo dei prezzi degli immobili, una riduzione dell’inflazione. Questo ha avuto un impatto negativo, negli stress test, sul portafoglio crediti delle banche”. Un’eventualità che graverebbe maggiormente proprio su quegli istituti meno sbilanciati sui mercati.
CAPRO ESPIATORIO
Come mai Palazzo Chigi, quasi logorroico nel rivendicare una nuova centralità italiana negli equilibri dell’Unione europea, non ha aperta bocca su quelle che molti osservatori hanno definito macroscopiche differenze? Se lo chiede sul Giornale, Gian Maria De Francesco, che nella penalizzazione della banche italiane riscontra “maldestri tentativi per spuntare maggiore flessibilità nel trattamento del deficit italiano rispetto ai vincoli del Fiscal Compact. Obiettare su un argomento che sta a cuore alla Commissione Ue come la Vigilanza bancaria unificata avrebbe comportato minori margini di manovra“. Una sorta di “patto oscuro” con Bruxelles che ha avvantaggiato gli istituti tedeschi e messo sotto pressione quelli della Penisola che, per dirla con Antonio Guglielmi, capo analista di Mediobanca Securities che sul tema ha realizzato un report, ha accettato di fare il “capro espiatorio” di questi stress test.