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Poste, ecco come Caio batte cassa con Renzi e Padoan

Ci sono alcuni nodi da sciogliere prima della presentazione del piano industriale di Poste Italiane che l’amministratore delegato Francesco Caio conta di portare a termine per fine novembre.

“Serve affrontare questioni come il nodo-prezzi, i contributi dello Stato, l’accesso alla rete o la creazione di un fondo di concorrenza per gli altri operatori che beneficiano della capillarità delle Poste”, ha detto ieri Caio in audizione alla commissione Trasporti della Camera.

RISCRIVERE IL SERVIZIO UNIVERSALE

Ma per salvare l’ipo e dunque lo sbarco in Borsa serve soprattutto ripensare il servizio universale. Argomento su cui Caio ha chiesto agli azionisti, alle autorità di controllo Antitrust, Agcom e ai ministeri dell’Economia e dello Sviluppo Economico di fissare una linea comune: “Siamo in una situazione in cui il servizio postale è totalmente privatizzato; i nostri concorrenti possono chiedere accesso alla nostra rete mentre noi abbiamo le mani legate sul prezzo”, ha sottolineato l’amministratore delegato.

I CONTI

Le richieste messe nero su bianco ieri da Caio, che ha preso il comando di Poste a maggio, trapelavano già dalla relazione del bilancio del primo semestre del Gruppo presentata il 24 settembre scorso.

Il primo semestre di quest’anno si è chiuso infatti con un utile di 222 milioni contro i 362 milioni dello stesso periodo dello scorso anno e con un roe del 6,9% contro il 12,2% di un anno prima o addirittura il 25% di giugno 2012. Mentre i servizi finanziari hanno chiuso con un risultato operativo in crescita da 284 milioni (di giugno 2013) a 315 milioni, così come per i servizi assicurativi (da 204 a 220 milioni), quelli postali e commerciali hanno perso 36 milioni, in netto peggioramento rispetto ai +154 milioni di giugno 2013.

E non rassicurano nemmeno i risultati di Poste Italiane attesi per il secondo semestre 2014 che secondo le aspettative saranno inferiori a quanto realizzato nell’analogo periodo del 2013.

UN PROBLEMATICO PROCESSO DI PRIVATIZZAZIONE

Caio ha spiegato alle autorità di controllo e al governo di Matteo Renzi che il profilo del servizio postale è profondamente cambiato per cui “si rendono necessari interventi normativi che ne assicurino la sostenibilità”. Senza i quali, in caso di privatizzazione, “gli investitori non arriveranno”, ha detto il manager napoletano.

L’amministratore delegato di Poste ha sottolineato però che il problema della perdita registrata dal servizio postale nel gruppo (-36 milioni nel primo semestre) deve essere risolto a prescindere dal processo di privatizzazione, del quale sarà il governo a definire “modalità e tempistica”.

Il processo di privatizzazione annunciato dal governo per le Poste Italiane prevede la cessione fino al 40% delle azioni, oggi al 100% del ministero dell’Economia.

IL NODO DEI COMPENSI PER CAIO

Un aspetto secondario che deve essere ancora risolto è anche quello dei compensi per il nuovo capo azienda. Da maggio, quando è stato nominato, “non ha mai portato a casa una busta paga e questo perché nel board della società finora non si è trovato l’accordo per definire la remunerazione del nuovo manager”, scrive oggi il Sole 24 Ore. Ciò a causa anche – sottolinea il quotidiano confindustriale sulla società presieduta da Luisa Todini – della “nuova norma che taglia del 25% lo stipendio dell’ad rispetto a quella del predecessore e il fatto che Caio, come Sarmi, cumula questo ruolo con la carica di direttore generale, che nei fatti lo trasforma anche in un dipendente della società”.



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