Non c’è solo la Legge di stabilità, così come annunciata da Palazzo Chigi, a rafforzare le intese recenti tra Confindustria e il governo. A unire Matteo Renzi e Giorgio Squinzi c’è anche la volontà di accelerare quanto prima la chiusura del negoziato sul Ttip, il trattato di libero scambio commerciale tra le due sponde dell’Atlantico di cui s’è discusso oggi a Roma in un evento organizzato dal ministero dello Sviluppo economico e dalla presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea.
LE PAROLE DI RENZI
L’evento, introdotto dal vice ministro del Mise, Carlo Calenda, e concluso dai due capo negoziatori, il commissario europeo al Commercio Karel De Gucht e il Trade representative americano Michael Froman, è stato aperto proprio da un intervento del presidente del Consiglio.
“È assolutamente centrale – ha sottolineato Renzi – che i principali elementi di negoziazione siano al più presto chiariti, evidenziati e rafforzati“.
Un chiarimento che per il governo italiano passa anche dalla trasparenza, tanto che, ha annunciato Calenda, la presidenza italiana ha lavorato per ottenere la de-secretazione del mandato negoziale (visionabile qui) dopo più di un anno dall’inizio delle trattative in modo da chiarire i dubbi di chi teme che si tratti di un accordo volto solo a favorire le multinazionali.
Con il governo precedente, ha rimarcato ancora il capo del governo, “avevamo
accarezzato l’idea di poter fare del Semestre italiano il momento di conclusione dei negoziati. Sappiamo che non sarà possibile; purtroppo la tempistica ha avuto un rallentamento ma la mia presenza qui è il segno evidente” degli sforzi riversati da Roma, per la quale, “il rapporto con gli Usa, valoriale, culturale, ma anche commerciale, è un’assoluta priorità“. Il Ttip, ha aggiunto ricordando anche gli aspetti geostrategici dell’intesa, “non è un semplice accordo di libero scambio come altri” e “saremmo molto felici se” la sua chiusura potesse avvenire “alla fine del prossimo anno”. “Ogni giorno che passa – ha concluso – è un giorno perso“.
L’ENTUSIASMO DI SQUINZI
Parole che hanno trovato concorde il numero uno degli industriali Squinzi, che ha detto come con il Ttip la “posta in gioco per le imprese e altissima“. Nel suo panel, moderato dal giornalista Tobias Piller, si sono alternati Emma Marcegaglia, presidente di Business Europe, Bernadette Sègol, segretario generale dell’Etuc, Jeffrey Schott, senior fellow del Peterson institute for international economics e Peter Chase, vice presidente della US Chamber of commerce.
“Il negoziato va rilanciato” ha detto Squinzi, spiegando che la differenza degli standard “ha un prezzo troppo alto” per le aziende della Penisola. Costi che potrebbero invece “essere ridotti attraverso un’armonizzazione regolatoria“. Il cammino di un’intesa “ambiziosa – ha aggiunto – è costellato da sfide ma vanno superate con la volontà politica“. Per questo auspica che “il rinnovo della commissione Ue” di Jean-Claude Juncker “e le elezioni di mid term negli Usa non rallentino la conclusione dell’accordo“.
LE PREVISIONI DI CALENDA
Le ragioni di Confindustria risiedono essenzialmente sui benefici che il Ttip avrebbe sull’economia di entrambe le sponde dell’Atlantico e che tanto gli istituti governativi quanto ricerche indipendenti hanno previsto e che sono state ricordate da Calenda.
“Secondo le stime più autorevoli l’impatto di un comprehensive agreement è intorno al mezzo punto di Pil l’anno, con un aumento rilevantissimo dell’export e dell’occupazione“. Il viceministro del Mise ha rilanciato l’idea di un living agreement che possa essere composto anche successivamente capitolo dopo capitolo e ha anche detto che, contrariamente a quanto dicono i suoi detrattori, “il Ttip è un accordo che beneficerebbe soprattutto le Pmi“, perché le corporation “possono facilmente superare le barriere tariffarie e non tariffarie delocalizzando o assorbendo i costi dei doppi standard; fattori che per le Pmi rappresentano invece un problema spesso insormontabile“. Secondo i dati del viceministro dello Sviuppo, “le barriere non tariffarie producono un aumento medio del 41% sul costo dei beni e del 31% sul costo dei servizi“. Per questo, secondo Calenda, dopo mesi di stallo è ora di uscire dall’impasse in tempi brevi perché il tempo a disposizione è quasi terminato. “Abbiamo pochi mesi“, ha sottolineato. “La finestra di opportunità per chiudere un accordo va dall’indomani delle mid term elections di novembre ai primi mesi del 2016. Dopo questo periodo, l’avvicinarsi delle primarie americane e poi delle elezioni presidenziali renderà tutto molto più complesso“.