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Saipem, russi (Rosneft) e cinesi ingolositi dalla società Eni

Non è solo la Cina ad aver puntato lo sguardo su Saipem, controllata di Eni che la nuova gestione del colosso italiano degli idrocarburi, guidato ora dall’ad Claudio Descalzi, intende forse mettere sul mercato.

LE MIRE DI ROSNEFT

Nonostante sia tra le aziende colpite dalle sanzioni europee ed americane derivanti dalla crisi ucraina, la russa Rosneft ha annunciato in un’intervista a Radiocor pubblicata oggi su Finanza&Mercati, inserto finanziario del confindustriale Sole 24 Ore, la sua intenzione a investire nel nostro Paese anche acquisendo una quota della società di servizi petroliferi, se il Cane a Sei zampe intenderà aprire le porte.
Non esiste una proposta del genere sul mercato – ha sottolineato ad Andrea Fontana e Guido Marino il ceo e presidente del gruppo russo, Igor Sechin – ma se e quando si presenterà avremo la possibilità di pensarci”.

VERSO UN’ALLEANZA STRATEGICA?

Molto più di una manifestazione di interesse per Rosneft, che sempre per voce del manager ricorda come ci sia l’interesse a collaborare con Saipem “se lo vorrà“, perché oggi “è uno degli operatori più forti nel mercato della perforazione a mare” di cui l’azienda russa ha bisogno.
Tra le due potrebbe dunque nascere un’alleanza, resa più semplice dai tanti interessi già in ballo. “Eni è uno dei nostri partner strategici” ha ricordato Sechin. “Forniamo loro tre milioni di tonnellate di petrolio l’anno e abbiamo insieme progetti offshore per una base di risorse che ammonta a tre miliardi di tonnellate di petrolio“.
Non solo. Rosneft è presente nel capitale di Saras e in primavera ha investito 500 milioni per diventare socio di Pirelli.

TRA CDP E CINA

L’ipotesi russa, per Saipem, è dunque possibile, ma come detto non è la sola. Il gruppo Eni medita da tempo di valorizzare, ovvero anche dismettere quote, della controllata. Diversi consulenti sono al lavoro, compresa la società dell’ex ad del Cane a sei zampe, Paolo Scaroni. Pechino – cha sta investendo massicciamente in Italia (Telecom, Fiat, Ansaldo Energia, Snam, Terna e ora Mediobanca) – si è già fatta avanti, come aveva scritto Repubblica in un articolo di Federico Fubini. Tuttavia per la società italiana, attiva nella realizzazione di infrastrutture riguardanti la ricerca di giacimenti di idrocarburi, la perforazione e la messa in produzione di pozzi petroliferi e la costruzione di oleodotti, alcuni osservatori, come lo storico ed economista Giulio Sapelli, auspicano un epilogo diverso. Ad esempio una cessione tardiva, compatibile con la crescita di Eni, o al massimo una soluzione che preveda un “parcheggio” in Cassa depositi e prestiti così da consentire al Cane a sei zampe di fare cassa cedendo l’azienda alle migliori condizioni possibili. L’entrata di Rosneft nel capitale potrebbe forse costituire un punto di equilibrio.



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