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Siamo per un’Europa europea oppure per un’Europa appendice degli Usa?

Abbiamo letto con immenso stupore articoli di autocompiacimento per lo spettacolo delle audizioni parlamentari dei nuovi membri della Commissione europea guidata da Jean-Claude Juncker. La quasi totalità dei commenti sono conformisti, cioé a favore dell’europeismo di regime, acritici e appiattiti sul sistema europeo. Più che commenti sembrano dei comunicati degli uffici stampa. Lo stesso si può dire dei vari dibattiti che sono organizzati dai così detti “think tank” di Bruxelles. A dire il vero, solo i commenti e i “think tank” tedeschi si distinguono perché difendono e rappresentano l’interesse nazionale tedesco in Europa. Tutto il resto sono tristi e stucchevoli esercizi di stile, con tanti distinguo e tecnicità dialettiche che si inseriscono pienamente nel solco dettato dai poteri istituzionali europei. Quindi non solo sono inutili ma finanche dannosi rispetto sia agli interessi “europeisti”, cioè comuni (qualora esistessero), sia di quelli nazionali.

Due audizioni, quella dell’italiana Federica Mogherini e l’altra della svedese Cecilia Malstrom, offrono spunti importanti di riflessione politica. Tranne qualche libero pensatore su dei blog, nessuno dei grandi media e nessun “think tank” ha battuto un colpo.

Il tema del contendere è se l’Ue debba o meno essere “integrata” nel quadro transatlantico, sia sul piano strategico sia su quello economico e giuridico. Domanda di non poco conto visto che i signori “europeisti” potrebbero presto veder svanire ogni ipotesi e velleità di sopravvivenza di un’Unione europea degna del nome (e come è previsto e riconfermato nei trattati da Maastricht del 1992 a quello di Lisbona del 1999). Insomma, si vuole un’Europa europea oppure si sceglie per ignavia un’Europa appendice degli Usa?

Che la Mogherini e il suo incarico “di alto profilo istituzionale” conti quasi nulla si evince anche dal fatto che nessuno le ha contestato affermazioni come:
a) “l’unico possibile alleato dell’Ue sono gli Usa” (chi lo ha deciso?);
b) “il patto transatlantico di libero scambio Usa-Ue (Ttip) non riguarda solo il commercio ma ha una valenza strategica” (peccato che non abbia elaborato spiegando perché è strategico);
c) “la Russia non è più un partner strategico dell’Ue” (chi lo ha deciso?);
d) “le sanzioni alla Russia hanno funzionato sul piano economico” (ma non dice a sfavore di chi!).

Ma si sa che lo charme e i sorrisi hanno distratto i parlamentari che anzi si sono lanciati in un’ovazione, probabilmente senza neppure capire la rilevanza delle parole appena ascoltate. Invece, il cane da guardia di Jean-Claude Juncker, il giurista tedesco Martin Selmayr, ha ignorato la Mogherini ma ha colpito pesantemente la svedese Cecilia Malstrom, futura responsabile del Commercio dell’Ue. La scelta risiede nel fatto che la Malstrom sarà decisiva nelle decisioni sulle relazioni commerciali con Usa e Russia, mentre la Mogherini potrà esprimere un parere sostanzialmente consultivo. Cioè, la Mogherini non avrà alcun potere di veto sulle decisioni che saranno prese dagli altri commissari o dal collegio.

Poco prima dell’audizione di Cecilia Malstrom, l’abile Martin Selmayr, attuale capo del “transition team” e futuro capo di gabinetto di Juncker, ha modificato il testo della commissaria svedese che si era troppo sbilanciata a favore del Ttip, accettando (inconsapevolmente?) l’imposizione delle regole a tutela degli investitori rispetto agli Stati (Isds), cioè la creazione di tribunali arbitrali di diritto anglosassone per ciascun settore oggetto del Ttip. Selmayr, ha ritirato il testo modificandolo secondo il giusto interesse della Germania, che dovrebbe essere anche quello degli altri europei se non fossero così appiattiti sul dominio Usa: “come ha detto Juncker nel suo indirizzo al Parlamento europeo, egli non accetterà che la giurisdizione dei tribunali dei paesi membri dell’Ue sia limitata da regimi speciali per le regolare le dispute tra investitori e Stati”. La Germania lo dice da sempre, ma è assolutamente sorprendente che nessun parlamentare avesse sollevato obiezioni in nome dell’europeismo che formalmente sbandierano. Nella discussione che ha seguito l’audizione, la Malstrom ha comunque difeso il principio degli Isds indicando che i due trattati commerciali – Ttip tra Ue e Usa, e il Ceta tra Ue e Canada – non possono più essere rinegoziati senza che gli stessi falliscano. Che alle spalle della Malstrom agiscano i lobbisti delle multinazionali americane appare piuttosto evidente.

Infatti, preso atto delle profonde differenze tra l’impostazione del presidente Juncker e quella delle affascinanti commissarie, la svedese Malstrom e l’italiana Mogherini, è dovuto intervenire il peso massimo della Commissione Juncker, l’olandese Frans Timmermans, designato primo vice presidente della nascente Commissione, che ha annunciato un inasprimento dei criteri con cui i 30000 lobbisti di Bruxelles potranno lavorare nelle istituzioni. Essendo chiaro che i lobbisti marcano 1:1 i funzionari europei, Timmermans ha mandato il segnale che le “infiltrazioni”, cioè quelle modalità di “persuasione” che spesso sono così forti da “sostituirsi” all’apparato europeo, non saranno tollerate dalla nuova Commissione europea.

La questione è di vitale importanza per l’Europa e per i suoi cittadini.



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