Skip to main content

USA: attacchi concentrici e caos controllato

Attacchi concentrici e caos controllato sono le strategie visibili che gli Usa stanno mettendo in atto per difendere la propria egemonia mondiale. La debolezza e l’inconsistenza dei leader europei, nazionali e dell’Ue, hanno offerto campo libero a queste azioni di dominio. Azioni coordinate in tre atti: a) nel 2011, quando con inusitata violenza sono stati eliminati Dominique Strauss-Khan, Silvio Berlusconi e Mohammar Gheddafi; b) nel 2013, quando la Fed decise il “tapering” (riduzione del QE e limitazione dell’acquisto di Tbonds); c) nel 2014, quando è stato orchestrato il “colpo” a Kiev per teatralizzare la Russia e simultaneamente ridisegnare la mappa del Medio Oriente ad opera di un gruppo paramilitare denominato IS.

Il primo atto (2011) ha avuto come obiettivo di creare la sindrome del caos da debito in Europa e quindi costringere i governi ad accettare le misure di austerity. All’apparenza richieste dalla Germania, in realtà tali misure sono più funzionali agli interessi Usa che, in un perfetto divide et impera, hanno riconquistato il controllo del continente europeo per via finanziaria. La scellerata campagna di Libia (franco-britannica) è stata condotta nel quadro del più ampio progetto di ridisegnare la mappa mediorientale. Se l’Italia si fosse opposta in forza dei trattati da poco firmati con la Libia, ciò non sarebbe stato possibile. L’Europa è stata così “neutralizzata” sia sul piano economico e finanziario sia su quello strategico. Lo scopo finale è di costringere gli europei, in particolar modo la Germania, ad abbandonare le velleità “unioniste” che già furono oggetto di opposizione americana (Maastricht nel 1992) che poi si sarebbero dovute completare in una unione politica, fiscale e bancaria (Lisbona nel 1999). La posizione Usa rispetto all’Europa è costantemente quella “integrazionista”, cioè l’integrazione europea nel più ampio quadro nordatlantico a guida Usa.

In questa direzione desiderata (imposta) dagli Usa si devono leggere i negoziati (secretati) per la conclusione dell’accordo di libero scambio (Ttip) e quello sui servizi finanziari (Tisa). Significativa è stata la recente decisione (1 ottobre 2014) di due compagnie finanziarie, DTCC e Euroclear, che a Londra hanno creato un meccanismo per la fusione degli strumenti di gestione delle transazioni finanziarie tra eurozona e dollaro, nei fatti creando un mercato unico finanziario integrato. All’apparenza una decisione di compagnie private dettata da interessi strettamente corporate. Ma guardando bene nei rispettivi board si trovano non pochi elementi “politici”.

Inoltre, la recente decisione della Francia di non rispettare gli accordi finanziari dell’eurozona non significa che Parigi sfida l’Ue tedesca per restare in Europa ma che ha scelto già di unirsi agli Usa in un accordo commerciale (Ttip) e strategico. Le parole di Draghi a Napoli e quelle della Lagarde se lette in modo combinato sono l’annuncio della fine dell’eurozona per come è stata conosciuta finora.

Infatti, la Germania e i suoi accoliti satelliti europei possiede già una rete finanziaria che funziona sotto il controllo di Berlino (Clearstream). Preso atto delle intenzioni Usa, tanto ben segnalate anche con le frizioni sulle attività dell’intelligence americana, adesso la Germania è confrontata con la difficile decisione di valutare se convenga continuare con la “foglia di fico Ue” oppure fare il salto e “collegarsi” strutturalmente ai Brics. Alcuni segnali vanno in questa direzione, particolarmente da parte del grande potere industriale e finanziario tedesco, ma la politica è ancora ricattata dagli interessi americani che vorrebbero una Germania supina rispetto ad un maggiore integrazionismo, con gli Usa. In ogni caso è la spinta “unionista” europea che è fuori gioco. Le scelte della Germania non sono affatto facili da compiere anche in ragione del quadro internazionale.

Il secondo atto (2013) – il “tapering” della Fed – ha avuto il doppio effetto di avviare la correzione nell’area euro e di iniziare l’aggressione ai Brics con il solito metodo della manipolazione monetarista del prezzo delle commodities (non a caso il prezzo dell’energia ne ha molto sofferto). Come vediamo la Russia è sotto scacco tra guerre sui suoi confini e sanzioni che lo stesso vicepresidente Joe Biden non ha esitato a descrivere come “estorte” all’Ue. In Cina si agitano movimenti più o meno colorati, creando imbarazzo a Pechino, e continua la pressione del containment Usa nel Pacifico. Il Sud Africa continua il suo lento ma inesorabile declino, complicato anche dagli eventi legati all’espansione del virus Ebola nel continente. Il Brasile, dopo la sospetta morte di un importante candidato alle presidenziali, si avvia ad un ballottaggio che, qualsiasi sarà l’esito, lasciaerà tracce significative sia politiche sia strategiche. Insomma, i Brics sono in uno stallo e rischiano la disgregazione.

Intanto, a livello globale ciascuna area di potenza sta “rimpatriando” quanti più asset possibile sotto il proprio controllo. Si costruiscono così dei grandi “sistemi chiusi” (come dei Vpn). Per ora i soli ancora capaci di agire su tutte le aree sono gli americani della Swift, un monopolista mondiale di tutte le reti di dati finanziari.

Il problema sorgerà gravissimo (e ci sarà probabilmente uno scontro armato di vaste proporzioni) se la Banca dei Brics sarà capace di emettere una moneta comune e di creare l’infrastruttura (Vpn) controllata da loro e indipendente dagli Usa per le transazioni in quell’area. La Cina accelera il processo (e come per incanto sorgono le proteste ad Hong Kong). Si può ipotizzare che senza schock geopolitici utlteriori, verso il 2020 i tempi saranno maturi per la “liberazione” di una parte consistente del mondo dal giogo finanziario occidentale iniziato negli anni ’20 dagli Usa in conseguenza del passaggio delle consegne ricevute dall’ex Impero britannico.

Il terzo atto (2014) – Ucraina e IS – ha l’obiettivo di prolungare nel tempo sia la crisi geopolitica europea sia quella mediorientale. Gli anglo-americani non hanno fatto mistero che ci vorranno “molti anni” per sconfiggere IS. L’obiettivo di queste due crisi e del rimescolamento delle alleanze è di mantenere un “caos controllato” sui confini russi ed europei, creando problemi anche alla Cina, mentre si definiscono le strategie successive. Dopo le elezioni di mid term americane (novembre 2014) si capirà meglio che direzione potranno prendere gli eventi.

Quel che per ora si teme è che queste accelerazioni strategiche 2011-2014 possano essere il preludio per un redde rationem a livello globale, con evidenti pericoli di guerra.



CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter