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Cellule sensore registrano le informazioni sul loro DNA

Si chiama Biologia Sintetica. Non si propone semplicemente di costruire Organismi Geneticamente Modificati (OGM) bensì di creare nuove forme di vita che permettano di realizzare cose che non avvengono in natura. È una disciplina a metà strada tra l’ingegneria e la biologia molecolare.

Una disciplina in rapida espansione che promette di rivoluzionare a breve le nostre capacità di utilizzare il materiale vivente. Uno degli obiettivi è quello di trasformare le cellule in sensori in grado di rivelare una serie di stimoli chimici o fisici nell’ambiente o nel nostro organismo.

Fino ad ora i ricercatori erano riusciti a trasformare le cellule in sensori semplici che attivano la produzione di una proteina in risposta ad uno stimolo specifico: Se la cellula contiene la proteina allora è stata esposta allo stimolo (If…Then). Ma un sensore di questo tipo può registrare soltanto un’informazione, ovvero l’esposizione allo stimolo. Non dice nulla sulla durata o l’intensità dell’esposizione. E se la cellula muore l’informazione viene immediatamente ed irreversibilmente persa.

Sull’ultimo numero della rivista Science il gruppo di Timothy Lu del MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Cambridge negli USA descrive un sistema in grado di ricordare anche la durata o l’intensità. Inoltre i dati registrati non vengono persi anche nel caso che la cellula muoia. E poi il sistema è così flessibile da essere riscrivibile. Qualcosa di confrontabile ad un nastro magnetico sul quale quelli della mia generazione registravano le canzoni.

La cosa è resa possibile grazie alle proprietà del DNA. Il DNA è la molecola in cui è conservata l’informazione genetica scritta con una alfabeto di 4 lettere chimiche (A, T, C, G). E’ quindi un substrato adatto per registrare informazioni, validato da miliardi di anni di evoluzione. Ma in natura il DNA non è riscrivibile in modo programmato in risposta allo stress.

Per raggiungere il loro scopo i ricercatori hanno sviluppato un sistema complesso, chiamato Synthetic Cellular Recorders Integrating Biological Events (SCRIBE), che utilizza un frammento di DNA (presente in natura) in grado di attivarsi in risposta a specifici stimoli ed integrarsi in posizioni specifiche genoma delle cellule batteriche.

In seguito ad esposizione allo stimolo (ad esempio una sostanza chimica) questo frammento di DNA si attiva e si integra in un gene specifico presente nel genoma della cellula ospite. Il sistema è concepito in modo che quando l’elemento si muove le cellule diventano resistenti ad un antibiotico: Se le cellule diventano resistenti all’antibiotico allora sono state esposte allo stimolo (If.. Then). Dato che l’evento si verifica con una frequenza molto bassa, il numero di cellule che diventano resistenti all’antibiotico misura l’intensità/durata dell’evento. E i risultati possono venir verificati con le moderne tecniche di sequenziamento.

Si possono immaginare moltissime applicazioni di questo sistema. Ad esempio, le cellule sensore potrebbero essere utilizzate per misurare anche per periodi molto lunghi la presenza di inquinanti chimici o biologici in pozze d’acqua.

Insomma, la strada è aperta e in un futuro molto prossimo dovremmo abituarci a convivere ed utilizzare sistemi biologici in grado di eseguire funzioni molto sofisticate.



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