Se Facebook vuole vestire anche i panni del giornale, quanto si devono preoccupare i media tradizionali? Il social network numero uno al mondo è diventato per moltissimi utenti del web la prima fonte cui si attinge per tenersi informati sui fatti di attualità e il fondatore Mark Zuckerberg ha dichiarato apertamente che il suo obiettivo è fare della bacheca di Facebook “il giornale personalizzato perfetto per ogni singolo utente nel mondo”.
PRIMA FONTE DI NEWS PER UN AMERICANO SU TRE
Secondo Zuckerberg, mentre un giornale tradizionale offre le stesse informazioni a ogni lettore, Facebook può personalizzarle, ovvero ritagliarle su misura sugli interessi di ciascuno, portando a ogni utente un mix di news internazionali, eventi della sua città e aggiornamenti dei suoi amici e familiari.
Già oggi un americano su tre legge le news tramite Facebook, rivela l’ultimo studio del Pew Research Center. Quasi l’80% degli intervistati “si imbatte” in qualche news mentre contatta gli amici o condivide foto su Facebook. Si tratta dunque di un consumo di notizie fugace e superficiale: non a caso nel sondaggio i lettori più attenti non considerano Facebook una loro fonte importante di news. “Le persone vanno su Facebook per condividere momenti personali e quasi per caso scoprono qualche notizia di attualità”, spiega Amy Mitchell, director of journalism research del Pew. Il trend è accentuato tra i giovani: un precedente studio di Pew aveva rilevato che negli Usa il 34% dei giovani tra 18 e 24 consuma news tramite i social media, contro il 10% di chi ha 50-64 anni.
L’ALGORITMO DI FACEBOOK
Il progetto su cui Facebook lavora, con un team di ingegneri del software, si basa sull’erogazione di contenuti di qualità e rilevanti per ogni singolo utente in base alle sue caratteristiche. Ciò che non appare di qualità o interessante per quella persona viene scartato. Le decisioni editoriali su quello che l’utente vede nella sua “newsfeed” vengono elaborate non da un giornalista o redattore bensì da un sofisticato e potente algoritmo che, sulla base delle informazioni comunicate dall’utente (studi, stato civile, attività, cerchia di amici, post e commenti, giochi e app utilizzate, pagine web visitate e così via), seleziona le notizie che per quella singola persona possono essere più attinenti.
“E’ un approccio completamente diverso al modo di fare un giornale”, commenta Ken Paulson, ex caporedattore di Usa Today oggi preside della facoltà di Scienze della comunicazione alla Middle Tennessee State University. “Non vuol dire che sia una cosa buona o cattiva: è solo una cosa che i giornali tradizionali non possono fare”.
“E’ personale, è rilevante, sempre in tempo reale e l’utente è al centro della scena. E’ molto più di quello che un giornale può fare”, aggiunge Alan Mutter, ex redattore capo di un quotidiano di Chicago, oggi consulente per start-up dei digital media. Facebook e i social rendono le news più personali e veloci e al pubblico del futuro, i giovani, le news piacciono così. Ma è ancora informazione?
GIORNALI, INUTILE INSEGUIRE L’ALGORITMO
Queste news così personalizzate e rilevanti fanno sì che molti utenti del web vadano prima sui social e da qui clicchino per accedere alla fonte primaria della notizia, i siti dei giornali. Perché, non va dimenticato, Facebook (come Google) ha potenti algoritmi ma non ha i giornalisti: non scrive le notizie, propone i link alle notizie che si trovano sui siti dei “veri” giornali. L’opportunità per i media tradizionali resta. Google lo sostiene da sempre: alle critiche dei giornali che la accusano di violare il loro copyright e distruggere il loro business, Google ha sempre risposto di essere un importante canale di accesso verso i loro siti, generatore di click e inserzioni.
Lo stesso fa Facebook, che ha indicato che il suo “referral traffic” verso i siti degli editori, è cresciuto del 170% lo scorso anno e che i suoi utenti non discriminano tra le fonti delle news: il 70% clicca su una news che gli interessa indipendentemente da quale giornale l’ha pubblicata. Ma il potere che Facebook assume selezionando quali news proporre ai suoi utenti, e quindi prendendo in ultima analisi delle “decisioni editoriali”, come nota Nikki Usher, professoressa di giornalismo della George Washington University, fa sì che i giornali sprechino molte delle loro risorse per capire come agirà Facebook: “I media tradizionali cercano di costruire le loro strategie indovinando che cosa dirà l’algoritmo e a quali articoli rimanderà e questa è una strategia fallimentare”, secondo la Usher.
D’altra parte, sottolinea Paulson, “Facebook è un’utile piattaforma per la condivisione ma non fa certo giornalismo né tanto meno giornalismo investigativo. Propone contenuti. Se il vero giornalismo si riduce, tutto il sistema basato sull’informazione e la libertà di espressione soffre”. I dati del Pew Research evidenziano che la lettura delle news su Facebook è superficiale, caratterizzata da bassi livelli di “engagment”; in più la selezione operata dall’algoritmo restringe il ventaglio di argomenti cui uno stesso utente accede, a danno, ancora, di un’ampia informazione dei cittadini: lo sottolinea anche l’ultimo studio sullo State of the News Media americano. Questo vuol dire che i giornali hanno ancora una rilevanza, a livello di servizio di informazione e formazione del cittadino e di capacità di dare voce a persone e fatti, che nessun algoritmo può sostituire.
NON SOLO FACEBOOK: IN ITALIA GOOGLE E’ PADRONE
Il recente Social media index del Digital News Report offre una visione ancor più dettagliata del trend in atto. Facebook è di gran lunga la piattaforma più importante per accedere alle news ovunque nel mondo: il 35% del campione lo usa per leggere notizie. Gli altri social hanno una popolarità diversa a seconda dei Paesi: Twitter è molto usato per le news in Spagna (21%), in Uk (12%) e negli Usa (8%), molto meno in Germania (3%) o in Finlandia (6%) dove è molto più utilizzato Google+ per le news.
YouTube è popolarissimo per le news in Italia (23%), Francia (16%) e Usa (17%), molto meno in Uk (6%) e Danimarca (5%). In Italia è anche molto visitato Google News: vi accede il 25% degli utenti settimanali di news online e in Germania lo usa l’11% degli utenti settimanali di news, contro il 5% in Uk (questo spiega le battaglie degli editori contro Google su alcuni mercati). Ciononostante lo studio dimostra che questi siti social o legati a motori di ricerca sono una porta d’accesso importante verso i siti dei giornali.
E un altro studio, l’Authority Report del Pars.ly, rivela che i siti di Google in testa, seguiti da Facebook, hanno l’utenza più “fedele”, cioè che torna sempre sullo stesso sito (Google News, per esempio, o Facebook) per cercare contenuti. I siti di news hanno un’utenza molto meno costante. Insomma, i social e i motori di ricerca aumentano la concorrenza ma creano anche opportunità di visibilità: si tratta di una leva che i siti di news devono sfruttare, trovando la chiave per promuovere il loro brand e creare lettori più “fedeli”.
GIORNALI, OCCORRE UN “RIPENSAMENTO”
Ridisegnare e ripensare i prodotti editoriali per rispondere alle sfide dei social network e dei motori di ricerca è quindi possibile per i siti dei giornali e anche per le loro versioni cartacee e lo ha spiegato di recente Daniele Codega, Product Design Director di Huge, ex head of design di Reuters Digital, in una intervista con il Cor.Com. “Internet ha dato la possibilità a tutti di ottenere notizie sempre e ovunque e tutti gli editori cercano di competere sulla distribuzione in tempo reale. I canali di aggregazione, usati per massimizzare il livello di esposizione del brand e del contenuto, hanno aumentato la concorrenza tra media, ma il vero game changer sono stati i social network che, non essendo costretti a lavorare con i processi del giornalismo tradizionale, si sono ritrovati con un enorme vantaggio rispetto agli editori. Dobbiamo adeguarci, ma questo non vuol dire che i social media vincano”, dice Codega: “vinceranno invece gli editori più innovativi e visionari, che sfruttano anche i social, ma non sono dei social media”. Come lo faranno? Tramite “Design e Rethinking“: “Il design del prodotto editoriale deve essere considerato come metodo di lavoro e di ricerca che può essere applicato ai diversi settori del business, quindi a tutte le interfacce utente (giornali, siti, app mobili, etc…), ma anche alla risoluzione di problemi di distribuzione e produzione. I designer devono essere più attivi nel partecipare a processi che tradizionalmente sono appannaggio del management. Da parte loro i giornalisti che scrivono deve saper riconoscere il valore del design e usarlo per massimizzare il valore dei loro articoli e delle storie che vogliono raccontare”, afferma Codega. Accanto a questo occorre un “rethinking dei modelli distributivi che vada al di là dei social media e che sia meglio allacciato alla vita digitale dei lettori”. Ci sono infatti contenuti perfetti per Twitter, altri perfetti per l’iPad, altri per la Tv altri ancora per la carta. “Pensare in modo concreto a quando e come questi elementi interagiscono con la vita delle persone e distribuire contenuti di conseguenza potrebbe essere il vero vantaggio competitivo dei prossimi anni”.