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Come funzionerà Triton che sostituisce Mare Nostrum

Dopo circa 23mila morti in tre lustri, una nuova operazione made in Ue tenta di arginare il flusso migratorio verso l’Italia. Nasce, sotto l’egida di Frontex, Triton che sostituisce Mare Nostrum, la campagna lanciata in occasione del naufragio di Lampedusa dell’ottobre 2013 che costò la vita a 366 migranti.

TRITON
Otto paesi, ventuno navi, quattro aerei, un elicottero e 65 funzionari distaccati dai singoli Stati membri. In campo Francia, Spagna, Finlandia, Portogallo, Islanda, Olanda, Lituania e Malta. Obiettivo, mettere a disposizione attrezzature tecniche e guardie di frontiera. Triton pattuglierà le acque a trenta miglia dalla costa, una zona che comprende tre quarti di sud Italia: il canale di Sicilia, le isole Pelagie e la Calabria. Mentre invece Mare Nostrum poteva spingersi, se necessario, anche a ridosso delle coste libiche.

SUPERVISIONE
L’operazione sarà supervisionata dalle autorità italiane e riceverà un budget mensile di 2,9 milioni di euro. La sua durata non è stata quantificata, dipenderà dal bilancio destinato a Frontex 2015. Sarà poi deciso se la missione continuerà, con quale intensità e in che modo. Per fare un confronto, Mare Nostrum aveva mobilitato 900 soldati e 32 navi al giorno, supportati da aerei ed elicotteri, per un costo mensile di oltre 9 milioni.

FRONTEX
Frontex dovrebbe anche garantire cinque squadre di investigatori per assistere le autorità italiane al fine di raccogliere informazioni sulle reti di trafficanti che operano in Libia e in altri paesi. Infine, diversi paesi invieranno squadre operative per aiutare l’Italia a salvare i migranti al loro arrivo.  Secondo il ministro dell’Interno Angelino Alfano, Triton sarà invece a costo zero per le casse italiane

PINOTTI
Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha spiegato ieri come si articoleranno la ricerca e il soccorso. Almeno inizialmente la Marina italiana proseguirà nel lavoro attualmente svolto, con un “dispositivo al servizio delle emergenze, una nave significativa, grande, a Lampedusa e un pattugliamento di tre navi più piccole, mentre attualmente usiamo cinque grandi navi”. In questo modo “andiamo a diminuire gli assetti e ridurremo i costi di un terzo. Prevediamo due mesi di uscita dolce”. E garantisce: “Il soccorso in mare non viene meno, è il diritto del mare a chiederlo. L’Italia non si volterà indietro”.

REAZIONI
La fine di Mare Nostrum non è stata salutata con entusiasmo dall’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’UNHCR che pochi giorni fa ha mostrato preoccupazione per la notizia: “Il rischio sarà probabilmente aumentato per persone che cercano di attraversare l’Europa in cerca di sicurezza. Si potrebbe anche generare più morti in mare tra rifugiati e migranti”. In Italia scettica Giorgia Meloni, leader di Fdi: “Questi immigrati che verranno raccolti in mare sempre in Italia verranno portati e sempre l’Italia dovrà occuparsene”. Le fa eco il segretario della Lega, Matteo Salvini: “Non abbiamo scritto Giocondo sulla fronte”. Secondo il senatore di Fi Maurizio Gasparri “i clandestini continueranno ad arrivare in Italia con spese enormi per il nostro paese. La recita dei ministri non può occultare questa realtà: l’Europa ci ha lasciato il cerino in mano”. Il commissario Ue Cecilia Malmstroem osserva che “è indispensabile che gli Stati membri dell’Ue diano piena attuazione al sistema europeo comune di asilo” e “un vero programma europeo per il reinsediamento dei rifugiati“.

APPELLO
No alla chiusura di Mare Nostrum. Lo chiedono con una lettera aperta a “la Repubblica”, i presidenti di Amnesty International Italia, ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) e Medici Senza Frontiere che sollecitano il presidente del Consiglio Matteo Renzi a garantire che l’Italia continui le attività di ricerca e soccorso nel mar Mediterraneo per salvare vite in mare. “Poiché oggi non ci sono alternative sicure per cercare protezione internazionale in Europa, – scrivono – la via del mare è l’unica opzione per migliaia di persone, vittime di violenza e torture, persone disabili, donne e bambini. Operazioni di ricerca e soccorso limitate alle acque sotto la giurisdizione italiana metteranno a rischio migliaia di vite, se le aree di mare aperto non saranno pattugliate attivamente”.

twitter@FDepalo

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