La missione internazionale Rosetta, oggi, ha riportato alla luce il valore della ricerca italiana: un motivo in più per riscoprire le origini della cultura scientifica. Merito della Fondazione Sorgente Group, che permetterà da lunedì prossimo di ammirare gli studi compiuti da Cristoforo Clavio, Galileo Galilei e Angelo Secchi, protagonisti del cammino dell’uomo verso le stelle, documentato nella mostra “Magistri astronomiae dal XVI al XIX secolo: Cristoforo Clavio, Galileo Galilei e Angelo Secchi”. Testimonianze documentarie e strumenti scientifici, a Roma, presso lo Spazio Espositivo Tritone della stessa fondazione. Ecco una lettera in cui Galilei parla della superficie della luna non perfettamente liscia, il manoscritto del matematico gesuita Clavio che illustra il calendario gregoriano, lo stesso che usiamo noi oggi: documenti inediti di una preziosa esposizione, capace di attirare il colto e l’inclita. I documenti fanno parte del Fondo Clavius dell’Archivio Storico della Pontificia Università Gregoriana e sono stati restaurati e digitalizzati grazie al progetto finanziato dalla Fondazione Sorgente Group.
“Con entusiasmo e stima nei confronti della Compagnia di Gesù abbiamo voluto sostenere il progetto di recupero e digitalizzazione dei documenti del Fondo Clavius, che per la prima volta saranno visibili grazie alla nostra mostra”, dichiara il vicepresidente di Fondazione Sorgente Group, Paola Mainetti. E per il direttore dell’Archivio Storico della Pontificia Università Gregoriana, Martín M. Morales SJ, “grazie al progetto appena realizzato sul Fondo Clavius, sarà possibile tramandare le 299 lettere e i 7 manoscritti autografi alle generazioni future. Con la tecnologia informatica questi documenti vengono messi finalmente a disposizione della comunità scientifica internazionale”.
Oltre alla consultazione dei testi scientifici, dal 17 novembre il visitatore potrà immergersi in un viaggio alla scoperta della volta celeste attraverso strumenti quali un cannocchiale del XVII secolo, un telescopio riflettore gregoriano, un astrolabio per misurare le posizioni degli astri, un notturnale e altri suggestivi elementi di misurazione che consentirono a quel tempo la stesura di mappe stellari, disegni e grandi scoperte. Complessivamente, la mostra esporrà una selezione tra i più importanti documenti appartenenti al Fondo Clavius, 10 tra manoscritti e lettere, ai quali si aggiungono 7 strumenti scientifici del Museo Astronomico e Copernicano dell’Inaf e il Globo Celeste della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, concesso in prestito per la prima volta.
Tra le particolarità, la lettera nella quale Galilei avvisa Clavio del suo prossimo arrivo a Roma, viaggio già programmato da mesi e annunciato in lettere precedenti. Questo soggiorno romano galileiano, iniziato il 29 marzo 1611, gli permise di incontrare nuovamente Clavio dopo che i due si erano conosciuti nella stessa città eterna 25 anni prima. Galilei in quel periodo stava ricevendo da tutta Europa entusiaste approvazioni in seguito alla pubblicazione del Sidereus nuncius, l’opera uscita nel marzo del 1610 con la quale annunciava le sue sorprendenti scoperte astronomiche, effettuate nel corso di osservazioni con il telescopio avvenute nei mesi precedenti.
L’approvazione più importante però, quella della Chiesa di Roma, doveva ancora avvenire: per Galilei era dunque fondamentale che a confermare le sue osservazioni fossero scienziati che potevano influire nei processi decisionali della Santa Sede. Nessuno meglio dei gesuiti del Collegio Romano, Clavius in testa, poteva fare al caso dell’astronomo pisano. Dopo pochi giorni dal suo arrivo, passati probabilmente ad osservare il cielo fianco a fianco con gli astronomi gesuiti, Galilei si vide ufficialmente riconosciuta la validità delle sue osservazioni, solennemente annunciata in un’udienza pubblica tenutasi proprio al Collegio Romano. Come ben noto di lì a pochi anni i rapporti tra la Compagnia di Gesù e Galilei si fecero piuttosto tesi, tanto che furono proprio due gesuiti, Orazio Grassi e Roberto Bellarmino, a diventare i suoi principali avversari.
Gli anni dello stimolante e franco confronto con Clavio, morto nel 1612, e il suo entourage, seppur ancora vicini, erano ormai irrimediabilmente distanti rispetto alle rigide posizioni che l’Inquisizione decise di prendere in riferimento alle nuove scoperte scientifiche di Galilei.
Tra gli strumenti esposti, un notturnale del XVII secolo: detto anche orologio notturno, era utilizzato per misurare il trascorrere del tempo mediante l’osservazione della rotazione della volta celeste attorno alla Stella Polare. Ruotando i dischi concentrici è possibile impostare il giorno dell’anno. Successivamente, traguardando la Stella Polare dal foro centrale e individuando la posizione delle stelle che compongo il carro dell’Orsa Maggiore, come se fossero la lancetta di un orologio, è possibile leggere l’ora della notte. Inoltre è presente un calendario lunare e un’alidada, ovvero una barra dotata di mirino che ruota su una scala graduata, che consente di misurare le distanze angolari tra due punti e, in particolare, l’altezza delle stelle sull’orizzonte. Per non parlare della sfera armillare di Aram Heroldt: uno strumento che gli astronomi utilizzavano per rappresentare il modello del mondo era la sfera armillare. Attraverso anelli concentrici veniva riprodotta la posizione relativa di terra, luna, sole e pianeti conosciuti e il loro moto rispetto alla volta celeste.
Questo esemplare rappresenta il sistema geocentrico; al suo centro dobbiamo quindi immaginare la terra. L’anello più esterno mostra un’ampia fascia di ottone in cui sono incise le costellazioni zodiacali e l’eclittica, ovvero il percorso che il Sole compie durante l’anno. Inoltre, alcuni indicatori a forma di fiammelle segnalano le posizioni dei pianeti e delle stelle più brillanti sulla volta celeste. Internamente si trovano gli anelli che descrivono il moto del Sole e quello della Luna. L’insieme degli anelli è sostenuto da due cerchi graduati che rappresentano l’orizzonte e il meridiano di riferimento. Heroldt era un matematico di origini tedesche, affermato costruttore di strumenti astronomici e di misura che lavorò presso il Collegio Romano nella prima metà del XVII secolo.