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Il Sarchiapone del Jobs Act divide la coppia De Girolamo-Boccia

‘’Galeotto’’ fu l’articolo 18. Il Jobs Act Poletti 2.0 e il sarchiapone del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione alla anzianità di servizio ha turbato il week end della coppia bipartisan Boccia-De Girolamo. Il primo, autorevole presidente della Commissione Bilancio della Camera, ha affermato che, senza le modifiche di ‘’sintesi’’ approvate dalla direzione del Pd il 29 settembre, lui non voterebbe il provvedimento (AC 2660). La seconda, capogruppo del Ncd a Montecitorio, si è affrettata a dire che il suo partito è disposto a trattare su tutto tranne che ‘’sull’articolo 18 ’’. Ambedue accreditano la medesima interpretazione del testo approvato dal Senato che corrisponde da un lato a ciò che Boccia teme (la manipolazione dell’articolo 18), dall’altro a quanto De Girolamo desidera (il superamento dello stesso articolo sulla base di quanto votato a Palazzo Madama), ma che è priva, in entrambi i casi, di un qualsiasi fondamento giuridico. Perché, nella sua attuale formulazione, quel testo è aperto in ogni direzione.

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Che le parole della discordia, contenute nella delega e riferite al contratto di nuovo conio, prefigurino soluzioni le più diverse, non lo affermiamo solo noi, ma anche il Servizio Studi della Camera nelle schede di lettura del AC 2660. Leggiamo insieme: ‘’Per quanto concerne la lettera c), non appare chiaro se la norma prefiguri l’introduzione di una nuova tipologia contrattuale (o, invece, la modifica delle tutele previste dalla normativa vigente per l’attuale contratto a tempo indeterminato, sebbene in relazione alle sole nuove assunzioni); né è precisato in modo espresso il contenuto delle “tutele crescenti”, anche con riferimento alla loro natura obbligatoria o reale’’.  A maggior prova della inconsistenza della tesi per cui sia pacifico ritenere che il concetto di ‘’tutele crescenti’’ evochi necessariamente delle sanzioni di carattere soltanto risarcitorio e bandisca, invece, ogni possibilità di reintegra.

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Un’ulteriore considerazione può riferirsi al dubbio di incostituzionalità della norma di delega  sul licenziamento come scritta nel testo del Senato, a causa dell’estrema genericità dei principi e dei criteri indicati. Nelle Schede di lettura riguardanti l’AC 2660, il Servizio Studi della Camera fa notare che, una volta approvata una delega generica, non sarà certo sanzionabile il decreto legislativo che da essa deriva. Il decreto potrebbe subire una censura dalla Consulta se esorbitasse dal perimetro della delega; ma poichè essa non ha perimetro, il problema non sorgerebbe neppure. A subìre un giudizio di incostituzionalità dovrebbe essere la norma primaria. Ma ciò è avvenuto una sola volta nel corso di tutta la storia della Repubblica (sentenza Cost. n.280 del 2004) e non in materia di lavoro.

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Matteo Balilla Renzi, nell’anticipazione di un’intervista sul prossimo libro di Bruno Vespa, usa frasi quasi sprezzanti nei confronti della sinistra del partito. Anche in questa circostanza il premier-segretario dimostra di essere un campione nel gioco delle tre carte. Fa uscire adesso delle considerazioni che si attagliano alla situazione politica attuale, ma può sempre sostenere che, in realtà, si tratta di affermazioni datate. E perciò superate.

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